Antitesi n.17Controrivoluzione ed egemonia di classe

Sull’intelligenza artificiale

Utopia positivista, distopia di guerra

“Controrivoluzione ed egemonia di classe” da Antitesi n.17 – pag.55


Lo scopo dell’articolo è proporre un punto di vista di classe sull’intelligenza artificiale (Ia) e le sue applicazioni nel regime capitalistico, in continuità con gli approfondimenti già sviluppati in questa sezione sul ruolo della scienza e della tecnologia. Per fornire un’analisi comunista della questione riteniamo necessario definirla entro il piano della crisi generale del sistema e della risposta ad essa data dalla classe dominante, la guerra imperialista. Proprio sul piano sovrastrutturale della guerra vediamo innumerevoli utilizzi dell’Ia: dalla guida di droni sul campo al monitoraggio delle aree di conflitto alla localizzazione dei bersagli da colpire, fino al riconoscimento biometrico delle masse da monitorare. Tecnologie simili sono contemporaneamente implementate sul fronte interno, dove l’Ia viene impiegata per controllare le masse popolari. L’utilizzo dell’Ia non è limitato alla conduzione della guerra sul campo di battaglia, ma è parte integrante di tutto il processo bellico, che parte dalla produzione degli armamenti nelle fabbriche fino alla logistica necessaria per trasportarli al fronte.
Seguendo l’impostazione dell’articolo sulle smart cities, [1] anche in merito all’Ia riteniamo che la questione vada definita partendo dalla struttura. La classe dominante sta implementando l’intelligenza artificiale nel tessuto produttivo come ennesimo tassello per arginare l’avvitarsi della crisi. Da un lato l’Ia viene introdotta nei processi di produzione per velocizzare il ciclo di rotazione del capitale, [2] puntando anche a ridurre al minimo i rischi durante i processi stessi. Dall’altro si prospetta come tecnologia chiave nel nuovo campo di accumulazione capitalista: i dati, ovverosia la raccolta di informazioni che le multinazionali del digitale (i cosiddetti big data) traggono allo scopo di essere lavorati, mercificati e venduti come elementi per orientare la produzione e la massimizzazione del profitto. [3]
Entro questo complicato quadro in continuo mutamento, crediamo sia importante dotarci di una base teorica che ci permetta di articolare interventi specifici tra le masse e di legarci alle lotte particolari, sapendo mettere al centro i rapporti di classe e smascherando in particolare la falsa neutralità della ricerca e delle applicazioni scientifiche.

Cos’è la cosiddetta “intelligenza artificiale”?

Con la definizione di intelligenza artificiale si indica l’insieme delle tecnologie che consentono a computer e macchine di simulare l’intelligenza e la capacità di risoluzione dei problemi proprie degli esseri umani. Generalmente l’Ia viene divisa in due tipologie: l’Ia debole e l’Ia forte. Della prima tipologia, altrimenti nota come “intelligenza artificiale ristretta”, fanno parte tutti gli esempi concreti e attuali di utilizzo dell’Ia, come ad esempio il riconoscimento biometrico e la guida autonoma di macchine e droni. Si tratta di una tecnologia addestrata e orientata a svolgere attività specifiche che è in grado di gestire una gamma ristretta, in termini qualitativi, di parametri e situazioni. Tuttavia, sul piano quantitativo queste tecnologie hanno enormi capacità di elaborazione, imparagonabili a quelle dell’essere umano.
La seconda tipologia, l’Ia forte, è divisa in due forme, entrambe ad ora teoriche. Esse sono note come: “intelligenza artificiale generale”, che dovrebbe fornire ad una macchina un’intelligenza pari a quella umana e una coscienza autoconsapevole; e “superintelligenza artificiale”, che addirittura supererebbe le capacità e l’ecletticità del cervello umano.
Un’altra questione importante in merito all’Ia riguarda le modalità di addestramento degli algoritmi che la compongono. A lungo gli studiosi hanno ritenuto “di dover ‘guidare’ l’intelligenza artificiale, fornendole tutte le istruzioni necessarie per portare a termine qualsiasi compito”. [4] Si tratta dell’approccio classico all’addestramento dell’Ia, che prevede di strutturare ed etichettare tutte le informazioni prima di fornirle alla macchina. La potenza di calcolo dei computer odierni ha permesso una maggiore sperimentazione dei cosiddetti modelli di deep learning, che consentono alle macchine di “estrarre le caratteristiche, le funzioni e le relazioni necessarie per ottenere risultati accurati da dati non elaborati e non strutturati. Inoltre, questi modelli possono anche valutare e perfezionare i propri risultati per una maggiore precisione”. [5]
L’evoluzione dei modelli di apprendimento riduce la dipendenza dei sistemi di Ia dalla produzione di dati lavorati ad hoc e, quindi, dalla guida umana. Questo, tuttavia, non comporta un passo verso una forma di emancipazione delle macchine. Infatti, all’aumentare dell’autonomia nella produzione dei risultati corrisponde, di contro, una maggiore necessità di dati da analizzare e, quindi, da raccogliere, accentuando così, comunque, il ruolo del lavoro umano. [6]
Il processo di apprendimento dell’Ia definisce ulteriormente il controllo che esercita chi detiene la proprietà delle macchine.
La questione è centrale in quanto la qualità e la tipologia delle informazioni scelte per l’addestramento dell’Ia determinano la qualità e i limiti dei risultati che questa è in grado di fornire. Le attività di scelta, raccolta e trasformazione dei dati necessari all’addestramento delle Ia sono determinate socialmente dagli interessi della borghesia imperialista, tanto quanto lo sono le applicazioni e i limiti che caratterizzano gli utilizzi concreti di questa tecnologia. L’intelligenza artificiale non è neutra, così come le altre tecnologie prodotte dallo sviluppo borghese della scienza, bensì funzionale alla classe che detiene il potere.
La disparità di mezzi rispetto ai grandi monopoli che sviluppano tecnologie di chatbot, come ChatGpt e Google Gemini, non lascia margini alle masse per influenzarne i processi di addestramento. Pensare ad un’Ia diversa, libera dall’egemonia borghese, domandarci “cosa vogliamo che essa faccia? Quali interessi dovrà servire?”, [7] sono prospettive utopiche e riformiste che negano la questione della proprietà dei mezzi produttivi. La questione invece è chiara a parte degli analisti borghesi secondo i quali la posizione ideologica degli algoritmi “dipende interamente dalla decisione, progettazione, programmazione e utilizzazione da parte degli esseri umani”. [8] Anche il chatbot
cinese, noto come Ernie, di produzione del colosso Baidu, che desta preoccupazioni in occidente per la sua dichiarata adesione “ai valori fondamentali del socialismo” e per il divieto esplicito di “incitare alla sovversione del potere statale o a rovesciare il sistema socialista”, [9] rappresenta un esempio palese del controllo che esercita sulla tecnologia chi ne detiene la proprietà.
Nel concreto della fase attuale, il controllo di classe esercitato sui sistemi di Ia dalle borghesie imperialiste, che ne determinano sviluppi e applicazioni a difesa dei propri interessi, è funzionale alla necessità di affrontare l’acuirsi della crisi e delle contraddizioni interimperialiste.

L’Ia nella composizione organica del capitale

Come dicevamo nell’introduzione, la borghesia imperialista sta implementando l’intelligenza artificiale all’interno dei cicli produttivi come parte del salto tecnologico che ha avviato all’insegna della digitalizzazione. I salti tecnologici determinano una variazione del rapporto tra capitale variabile e capitale costante, inevitabilmente a favore di quest’ultimo, modificando così la composizione organica del capitale con pesanti ricadute in termini di occupazione. [10]
L’Ia si sta dimostrando funzionale alla necessità della produzione capitalista di utilizzare prodotti predittivi [11] per rispondere “all’esigenza, di fronte all’acuirsi della crisi, di regolare ancor di più la produzione in base al plusvalore previsto”. [12]
Gli economisti borghesi hanno stimato una crescita media del mercato dell’Ia nel mondo di circa il 35% l’anno nel periodo 2023-2027, quando dovrebbe arrivare a superare i 400 miliardi di euro. Anche in Italia, con un valore di 1,9 miliardi nel 2023, si stima possa superare i 6,5 miliardi di euro nel 2027. [13]
In questa nuova corsa all’oro scatenata dall’Ia, sono principalmente i grandi monopoli ad avere sufficienti capitali da investire per stare al passo con lo sviluppo frenetico delle macchine. La ristrutturazione delle imprese necessita di quote considerevoli di capitali tali per cui, laddove non interviene lo Stato con finanziamenti e sussidi all’innovazione, [14] l’introduzione di nuove tecnologie rappresenta uno scoglio difficilmente superabile per la piccola borghesia esclusa dal capitale finanziario. La maggior parte delle imprese di piccole e medie dimensioni, che rappresentano una parte importante del tessuto produttivo italiano, sono infatti arretrate dal punto di vista della digitalizzazione. Secondo i dati di Eurostat, delle aziende con più di 10 dipendenti in Italia solo il 5%, e in media l’8% in Ue, ha utilizzato sistemi di Ia nel 2023.
Il movimento comunista ha sempre ribadito che le difficoltà della piccola borghesia di sopravvivere nel sistema capitalista si acutizzano nei momenti di crisi e di conseguente ristrutturazione del capitale. Tale svantaggio si concretizza nella tendenza al fallimento delle piccole imprese e all’acquisizione di queste da parte dei monopoli e della borghesia finanziaria, dentro a quel processo di centralizzazione dei capitali che è trattato in questo numero nell’articolo in prima sezione: Crisi e centralizzazione di capitale.
Forniamo di seguito alcuni esempi di sistemi di Ia con funzioni predittive che, interagendo con altre tecnologie quali ad esempio l’internet delle cose, sono in grado di rimodellare le diverse fasi del ciclo di valorizzazione del capitale, dalla produzione del plusvalore alla realizzazione del profitto.
Un primo esempio è ben rappresentato dall’utilizzo di cosiddetti “gemelli digitali”, ovvero modelli virtuali che vengono usati per eseguire simulazioni, studiare problemi di prestazioni e generare miglioramenti da applicare poi all’oggetto fisico reale. Nell’industria questi modelli digitali permettono ai capitalisti di ridurre i fattori di rischio in tutte le fasi del ciclo produttivo: “modelli digitali di un macchinario o di un intero impianto grazie ai quali è possibile testare e ottimizzare i processi prima della loro realizzazione fisica, implementare correzioni senza affrontare gli ingenti costi derivanti dal learning-by-doing, ridurre il tempo di setup della macchine e incrementare la qualità complessiva della produzione”. [15]
La creazione di repliche digitali sta diventando uno strumento sempre più utilizzato anche per la progettazione e la gestione delle città e degli ambienti urbani. Lo scopo di progetti come quello europeo denominato Duet, Digital Urban European Twins, è quello di facilitare la comprensione dei vari fattori che interessano l’ambiente urbano e della loro complessa interazione.
Un altro interessante esempio è la tecnologia Mes, Manufacturing Execution System, la cui funzione è quella di acquisire dati in tempo reale da varie fonti, tra cui macchine, sensori e i lavoratori stessi, da utilizzare per monitorare e controllare le operazioni di produzione. I padroni puntano così al miglioramento della produzione tramite avanzati software di monitoraggio che controllano sia il funzionamento tecnico dei mezzi e il rischio connesso ad esso, sia la prestazione della forza lavoro umana impiegata nei processi produttivi. L’implementazione nelle fabbriche e, più in generale, nei luoghi di lavoro, di sistemi di monitoraggio di questo livello, ha l’obbiettivo di rendere più funzionale e velocizzare una parte consistente delle fasi che compongono il processo di valorizzazione, dalle commesse, allo stoccaggio delle merci nei magazzini, fino alla computazione del fabbisogno di forza lavoro umana e della sua turnazione.
Nel quadro delineato, l’utilizzo di algoritmi che decidono ritmi e produttività dei lavoratori, già ampiamente diffuso nella logistica, rappresenta soltanto un passaggio iniziale. Lo sviluppo e l’implementazione di questi sistemi tecnologici determina per la classe dominante un avanzamento concreto verso la realizzazione del fascismo tecnologico sui luoghi di lavoro.
In aggiunta, come dicevamo, l’Ia viene utilizzata anche in chiave predittiva dei consumi. Questi nuovi strumenti vengono applicati per analizzare le informazioni relative allo storico degli ordini, alle previsioni del mercato e all’eventuale lancio di nuovi modelli, e per promuovere prodotti in maniera mirata verso determinate tipologie di consumatori. La possibilità di ridurre al minimo gli errori nella previsione di quali prodotti saranno venduti maggiormente permette di riempire i magazzini con coerenza e di migliorarne la resa in termini di spazio. In questo modo si riduce la quantità di merci non vendute che si accumulano nei depositi e si velocizzano la logistica e le consegne, ottimizzando la rotazione del capitale. L’obbiettivo è sempre quello di contrastare la crisi di valorizzazione dei capitali, riducendo la durata dei cicli e i rischi connessi alla realizzazione del profitto.
Lo sviluppo della tecnologia pone le basi affinché la spersonalizzazione della gestione nei termini che abbiamo tratteggiato possa arrivare a interessare il sistema nel suo complesso, sostituendo parte del personale di comando capitalistico stesso. Non stupisce pertanto che, all’interno della propaganda borghese, inizino a scontrarsi due correnti con posizioni opposte in merito. Da un lato ci sono le tesi positiviste che prospettano lo sviluppo di una “tecnologia della direzione”, capace di venire a capo delle contraddizioni del sistema capitalistico; dall’altro affiorano i timori, di una parte della stessa classe manageriale, sulla possibilità di un suo spodestamento per mano di un capitale inumanizzato. Infatti, il rischio di sostituzione del lavoro umano ad opera dell’autonomia delle macchine colpisce in primo luogo le professioni più qualificate, la cui “intelligenza umana” verrebbe ad essere sostituita da quella artificiale a vantaggio del capitale.
L’introduzione di macchine autonome nei processi produttivi non solo incontra i limiti determinati dallo sviluppo della tecnica, ma incontra anche limiti economici. Se per i singoli capitalisti si può parlare di un problema in termini di costi di implementazione e sostituzione dei lavoratori, dal punto di vista complessivo del sistema capitalista il problema è invece strutturale. Nel sistema capitalista, solamente dal lavoro umano può essere estratto plusvalore, cioè quella parte di valore prodotto dalla forza lavoro dell’operaio che non viene retribuita col salario. [16] Per questo non ci sono possibilità che la borghesia imperialista, la cui esistenza stessa è fondata sullo sfruttamento di classe, possa prescindere dai lavoratori per valorizzare il suo capitale. Di conseguenza, come è stato per tutto lo sviluppo della tecnologia nel sistema capitalista, anche l’intelligenza artificiale non può che essere implementata, in primo luogo, come strumento per incrementare la produttività del lavoro umano nei processi di produzione.
Un’altra illusione è la balla secondo cui l’introduzione dell’Ia nei processi produttivi diminuirebbe l’impatto ambientale degli stessi. Secondo uno studio del parlamento europeo, il potenziale di riduzione delle emissioni globali di gas serra attribuibile all’uso dell’Ia entro il 2030 oscillerebbe tra l’1,5% e il 4%. Premesso che si tratta di una stima percentuale venduta dalla propaganda borghese come un traguardo da raggiungere, ma che nei fatti risulterebbe alquanto insignificante, in realtà altri studi raccontano tutt’altro impatto dell’Ia sull’ambiente e sui consumi di energia. L’Agenzia Internazionale per l’Energia, sostiene che una ricerca su Google basata su ChatGPT consumi quasi 10 volte la quantità di elettricità di una ricerca tradizionale. Secondo i ricercatori Tamara Kneese e Meg Young è in corso una rivitalizzazione degli impianti a carbone a causa del boom dell’intelligenza artificiale. [17] Un esempio interessante al riguardo è quello di Salt Lake City, capitale dello Utah, negli Stati Uniti, dove Meta sta costruendo un enorme data center [18] da 1,5 miliardi di dollari che consuma la stessa energia che può generare un grande reattore nucleare. Non certo per caso, le dismissioni di due grandi centrali a carbone della regione sono state posticipate al 2036 e al 2042. [19]
Per concludere, le attività di mining cioè di generazione di bitcoin esemplificano quanto la richiesta energetica possa aumentare in relazione alla quantità di macchine e strumenti tecnologici che vengono impiegati entro un dato territorio. In paesi come il Kazakistan e il Kossovo, le attività di mining hanno determinato un aumento del consumo energetico tale che i rispettivi governi sono dovuti intervenire per scongiurare i rischi di blackout delle infrastrutture, applicando divieti generalizzati e aumentando i costi delle fonti energetiche.

Regolamento Ue sull’intelligenza artificiale

In luglio è entrato in vigore il Regolamento 2024/1689 dell’Unione Europea, noto come Artificial Intelligence Act, che punta a disciplinare le applicazioni dell’intelligenza artificiale a livello non militare. Si tratta di una normativa pionieristica promossa da una componente del polo imperialista occidentale che prospetta criticità importanti per il futuro: spiccano infatti la totale esclusione delle applicazioni belliche dalla regolamentazione e le deroghe in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo. Il regolamento fornisce, però, anche alcune definizioni utili come quella sui cosiddetti “sistemi di Ia”: “un sistema automatizzato progettato per funzionare con livelli di autonomia variabili e che può presentare adattabilità dopo la diffusione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce dall’input che riceve come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. [20]
Con un approccio basato sul rischio, inteso come la combinazione della probabilità del verificarsi di un danno e la gravità del danno stesso, il regolamento definisce alcune pratiche vietate e altre considerate ad alto rischio. Nello specifico, all’articolo 5 del regolamento sono elencate una serie di applicazioni di Ia per le quali l’immissione sul mercato, la messa in servizio o l’uso sarebbero vietate, mentre nell’allegato II sono definiti i settori entro i quali l’utilizzo di alcuni sistemi di Ia è considerato ad alto rischio.
Proponiamo un breve approfondimento su alcune delle pratiche che il regolamento dovrebbe vietare. Partiamo dal cosiddetto social scoring, definito nel regolamento come “la valutazione o la classificazione delle persone fisiche o di gruppi di persone per un determinato periodo di tempo sulla base del loro comportamento sociale o di caratteristiche personali o della personalità note, inferite o previste”. In questo caso, ciò che viene vietato dalla normativa europea non è l’utilizzo in toto del punteggio sociale, bensì gli scenari nei quali questo comporta un trattamento pregiudizievole o sfavorevole verso persone “in contesti sociali che non sono collegati ai contesti in cui i dati sono stati originariamente generati o raccolti” oppure “che sia ingiustificato o sproporzionato” rispetto al comportamento avuto. Questo significa che l’applicazione proporzionata e contestuale della classificazione sociale è legittimata e possibile.
Un altro esempio distopico è quello dei sistemi di Ia utilizzati per monitorare “le emozioni di una persona fisica”, che non solo sono vietati esclusivamente “nell’ambito del luogo di lavoro e degli istituti di istruzione”, ma il regolamento prevede anche una deroga per quei luoghi laddove l’uso risponda a “motivi medici o di sicurezza”. Si tratta di motivazioni che, come abbiamo imparato dalla gestione sanitaria del Covid-19, possono essere applicate in qualsiasi circostanza con ampi margini di arbitrarietà. Non è un’esagerazione sottolineare che utilizzi simili dell’Ia possono essere impiegati nello sviluppo e nell’applicazione di sistemi predittivi di polizia.
Infine, un ultimo esempio è quello dell’uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale”, a fini di attività di “contrasto”, all’interno di spazi accessibili al pubblico. Anche in questo caso il divieto è puramente formale se si considerano gli obiettivi che invece ne legittimano l’utilizzo: quali “la prevenzione di una minaccia specifica, sostanziale e imminente per la vita o l’incolumità fisica delle persone fisiche o di una minaccia reale e attuale o reale e prevedibile di un attacco terroristico” oppure “la localizzazione o l’identificazione di una persona sospettata di aver commesso un reato” [21] e “punibile nello Stato membro interessato con una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà della durata massima di almeno quattro anni”. Inoltre, il regolamento vieta espressamente il solo uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale”, tralasciando i divieti sull’immissione nel mercato, sulla messa in servizio e l’identificazione a posteriori. In quest’ultimo caso l’applicazione è chiaramente utilizzabile a fini repressivi, mentre per i primi due si tratta di non interferire nelle attività civili di ricerca e sviluppo dual use, che sono necessarie per l’implementazione di queste tecnologie sul piano militare.

La guerra come principale campo di applicazione

Infine, è necessario delineare il ruolo che l’intelligenza artificiale sta svolgendo nello sviluppo della guerra e delle tecnologie militari. Questo ruolo sarà sempre più centrale per le masse proletarie e i popoli oppressi in quanto l’acuirsi della crisi strutturale del capitale, oltre a spingere la grande borghesia verso salti tecnologici e ristrutturazioni, determina la necessità della guerra imperialista. Nella conduzione della
guerra i sistemi di Ia vengono impiegati, ad esempio, per comandare sistemi d’arma autonomi, [22] per analizzare dati, per prevedere eventi o generare obiettivi militari, ma anche per controllare e identificare persone, trovare infrastrutture sensibili o rintracciare droni e mezzi in movimento.
In entrambi i principali fronti di guerra attuali, troviamo svariati esempi di questi utilizzi. L’esercito criminale sionista ha sviluppato un sistema basato su Ia, chiamato Habsora, “Il Vangelo”, che serve a generare obiettivi in modo quasi automatico ad una velocità di gran lunga superiore alle possibilità di un gruppo di umani. Il sistema, sulla base di tutta una serie di dati digitalizzati e della loro integrazione ed elaborazione, è in grado di fornire circa 100 obiettivi al giorno. Ovviamente Habsora è stata addestrata per essere funzionale agli interessi del progetto sionista e agire sulla base di criteri stabiliti e gestiti dall’esercito. I risultati si stanno vedendo con i bombardamenti genocidi a Gaza e in Libano.
Anche il conflitto in Ucraina sta venendo utilizzato, dalle borghesie imperialiste in guerra, come campo di applicazione, messa
alla prova e sviluppo dell’automazione bellica. Un esempio noto a tutti sono i droni a guida più o meno automatizzata che stanno ridisegnando i conflitti e la gestione degli scenari di guerra. Fra questi c’è il Fortem DroneHunter F700 Interceptor, un drone di fabbricazione statunitense fornito al regime filonazista ucraino: completamente automatizzato e guidato dall’Ia è “in grado di localizzare, riconoscere, identificare e poi annientare i droni nemici. Il tutto senza il minimo intervento umano”. [23]
Un altro esempio degli abomini possibili grazie allo sviluppo dell’Ia è il sistema sionista di riconoscimento biometrico presente ai checkpoint di Hebron, noto come Red Wolf. [24]
Le tecnologie militari si intrecciano con quelle destinate al controllo e alla repressione sul fronte interno, sia per utilizzi e applicazioni sia per quanto riguarda le fasi di sviluppo, che sono spesso orientate al dual use. Infatti, tecnologie simili al riconoscimento biometrico compongono
gli occhi delle smart cities. Ad esempio, l’amministrazione comunale di Roma, in vista del prossimo Giubileo, ha proposto l’utilizzo di tecnologie con riconoscimento facciale “in grado di verificare azioni scomposte all’interno dei vagoni e sulle banchine da parte di chi in passato si è reso protagonista di atti non conformi”. [25] Seppur in parte ritrattate, la cosa interessante nelle dichiarazioni dell’amministrazione è che per tecnologie di questo tipo non serve installare nuove telecamere, perché basterebbe implementarle nei sistemi di gestione e utilizzare le infrastrutture già presenti.
Per concludere, ribadiamo il carattere storico e di classe insito nello sviluppo e nell’utilizzo di tecnologie d’avanguardia come i sistemi di Ia. Queste tecnologie oggi sono essenzialmente funzionali agli interessi della borghesia dominante (profitti, controllo e guerra), prospettando la creazione di un comando capitalistico e militare automatizzato e disumanizzato, mero attuatore di questi interessi. Tecnologie che sono sviluppate e commercializzate in primo luogo dall’imperialismo occidentale, da quello cinese e dai sionisti, ma che sono utilizzate
da tutte le potenze imperialiste e dai regimi collaborazionisti per continuare nella loro opera di sfruttamento, rapina e distruzione del mondo intero.
Da parte nostra siamo per lo sviluppo dell’intelligenza umana, in particolare dell’intelligenza rivoluzionaria del proletariato da contrapporre alla finta “intelligenza” delle macchine, ultimo parto di un sistema di sfruttamento capitalistico in crisi profonda e di cui l’intelligenza rivoluzionaria dovrà, prima o dopo, decretare la fine.


Note:

[1] Vedi Le smart cities, Antitesi n° 16, p. 45

[2] Vedi Antitesi n° 11, pp. 82 s.

[3] Per un approfondimento vedi Sul capitalismo della sorveglianza, Antitesi n° 12, p. 59

[4] A. Testa, La lunga strada dell’intelligenza artificiale, internazionale.it, 10.3.23

[5] J. Holdsworth e M. Scapicchio, Cos’è il deep learning?, ibm.com, 17.6.24

[6] Sulla centralità del lavoro umano sia nei processi di raccolta e trasformazione dei dati grezzi in dati lavorati, che nel ciclo di produzione delle macchine necessarie a raccoglierli e lavorarli, vedi Sul capitalismo della sorveglianza, Antitesi, n°12, p. 57 e ss.

[7] F. Ventura, E se insegnassimo il comunismo all’intelligenza artificiale?, lafionda.org, 15.4.23

[8] S. Pietropaoli e A. Simoncini, Ernie: l’algoritmo “comunista” e il futuro che (non) vogliamo per l’Ia, agendadigitale.eu, 27.11.23

[9] Ibidem

[10] Per un approfondimento sul significato di “composizione organica” vedi Glossario, Antitesi n° 3

[11] Prodotti e servizi che risultano dall’elaborazione dei dati relativi agli accessi ad Internet e che sono in grado di inoltrare informazioni sulle nostre vite utili alle aziende produttrici. Cfr. S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza, Luiss University Press, Roma, 2019

[12] Sul capitalismo della sorveglianza, Antitesi n. 12, pag. 59

[13] Centro Studi TIM e Intesa Sanpaolo Innovation Center Roma, L’intelligenza artificiale in Italia: Mercato, Innovazione, Sviluppi, gruppotim.it, 5.12.23

[14] Così prevede di fare ad esempio lo Stato italiano che, secondo quanto riportato nel documento sulla Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, punta a fornire sostegno allo sviluppo e all’adozione di sistemi di Ia, prevedendo nello specifico “azioni di coordinamento, di rafforzamento dell’ecosistema dell’Ia tra le Pmi (piccole-medie imprese ndr.) anche con fondi specificatamente dedicati”. Il documento è scaricabile su agid.gov.it

[15] Vedi Industria 5.0, automazionenews.it

[16] Per un approfondimento sul concetto di plusvalore, vedi Glossario, Antitesi n° 3

[17] T. Kneese, M. Young, Carbon emissions in the Tailpipe of Generative AI, datasociety.net, giugno 2024

[18] Un data center è una stanza fisica, un edificio o una struttura che ospita un’infrastruttura di tecnologie dell’informazione per la creazione, l’esecuzione e la distribuzione di applicazioni e servizi e per l’archiviazione e la gestione dei dati associati a tali applicazioni e servizi. Vedi Cos’è un data center?, ibm.com

[19] Per ulteriori esempi simili vedi E. Halper e C. O’Donovan, AI is exhausting the power grid. Tech firms are seeking a miracle solution, eu.detroitnews.com, 21.6.24

[20] Tutte le citazioni contenute in questa parte dell’articolo fanno riferimento al Regolamento Ue 2024/1689 del 13.6.24, reperibile su eurlex.europa.eu

[21] Il riferimento è a determinati reati contenuti nell’allegato II al regolamento, quali ad esempio: sequestro e presa di ostaggi; rapina organizzata o a mano armata; sabotaggio e, ovviamente, l’onnipresente terrorismo.

[22] I sistemi d’arma possono essere definiti autonomi se incorporano l’autonomia nelle funzioni critiche di selezione, puntamento, ingaggio e applicazione della forza sui bersagli.

[23] L. Pisapia, L’Ucraina, il laboratorio dell’intelligenza artificiale nei conflitti, valori.it, 24.4.24

[24] Il sistema Red Wolf fa parte di una vera e propria apartheid automatizzata che affligge il popolo palestinese nei territori occupati. Per un interessante approfondimento su queste tecnologie segnaliamo l’opuscolo Dalla Palestina alle smart cities. La gestione automatizzata della vita e della morte, scaricabile su rivoluzioneanarchica.it

[25] Riconoscimento facciale a Roma, Garante apre istruttoria, ansa.it, 9.5.24


Marx ad Hollywood

Nel 2023 due categorie di lavoratori alquanto insolite, sceneggiatori e attori, hanno organizzato il più grande sciopero di Hollywood dagli anni ‘60. Tra le motivazioni della protesta c’era anche l’utilizzo dispiegato dell’intelligenza artificiale nella produzione cinematografica. Lo sciopero, iniziato a maggio dagli autori cinematografici, si è concluso dopo cinque mesi con un accordo che prevede l’aumento dei compensi e dei contributi previdenziali. L’accordo, inoltre, limita fortemente l’impiego dei sistemi di Ia, che non possono essere imposti dalle società di produzione contro la volontà degli sceneggiatori, salvo quanto previsto nei contratti. Anche la protesta degli attori organizzati nel sindacato Sag-Aftra, Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists, si è conclusa dopo qualche mese con un accordo provvisorio che sembrerebbe accogliere le rivendicazioni dei lavoratori: “l’aumento più consistente dei salari minimi da quarant’anni a questa parte, un diritto residuo, nuovo di zecca, per i programmi di streaming, ampie garanzie in termini di consenso e retribuzione in caso di ricorso all’intelligenza artificiale e notevoli migliorie contrattuali su tutti i punti in questione”.
Sebbene in maniera diversa, lo sviluppo dell’Ia rappresenta una minaccia alla sopravvivenza di entrambe queste professioni ad alta specializzazione, le quali corrono il rischio di non essere più necessarie alla produzione cinematografica, venendo ridotte a mera attività di controllo o revisione dei contenuti prodotti dagli algoritmi.
Per fare un altro esempio, l’associazione che riunisce la quasi totalità delle case produttrici televisive e cinematografiche statunitensi, Alliance of Motion Picture and Television Producers, aveva avanzato la possibilità di scannerizzare le comparse e pagarle per un solo giorno di lavoro, lasciando però alle aziende la proprietà di quella scansione e il diritto di utilizzarla per tutto il tempo necessario, “su qualsiasi progetto, senza consenso e senza compenso”. Se per le comparse si parla già di una scansione e addio ai diritti residuali sulla propria immagine, quanto tempo passerà prima che la quantità di registrazioni video degli attori sia sufficiente per addestrare l’intelligenza artificiale a riprodurli fedelmente?
Lo stesso vale per narratori e doppiatori, basti pensare che, verso la fine del 2022, Apple ha lanciato un catalogo di audio libri narrati dall’intelligenza artificiale, che è stata riconosciuta in quanto tale solo grazie ad un’inchiesta del Guardian. Per i capitalisti, eliminare il narratore umano significa ridurre sensibilmente tempi e costi di produzione degli audio libri, garantendo margini di profitto maggiori in un mercato in forte crescita.
Sviluppo e utilizzo dell’Ia nella produzione grafica sono strettamente legati alla tecnologia deep fake, definita dalla normativa europea come “un’immagine o un contenuto audio o video generato o manipolato dall’Ia che assomiglia a persone, oggetti, luoghi, entità o eventi esistenti e che apparirebbe falsamente autentico o veritiero a una persona”. Siccome la qualità dei risultati dipende dalla disponibilità di registrazioni audio e video che l’Ia può utilizzare per apprendere, questa tecnologia già nel 2017 aveva raggiunto risultati eccellenti nel generare video deep fake di personaggi famosi, come fatto addirittura per Obama.
È lampante che macchine in grado di generare o manipolare dei contenuti video non distinguibili dalla realtà non rappresentano un problema solo per i lavoratori del mondo dello spettacolo, quanto piuttosto l’ennesimo potenziale strumento di propaganda, manipolazione e repressione che la classe dominante può utilizzare contro le masse popolari.