La Palestina in piazza
Il 22 settembre è stata una giornata memorabile. Non solo per la sacrosanta mobilitazione contro il genocidio e in appoggio alla resistenza ma anche per il movimento di classe e di massa nel nostro paese.
Manifestazioni in più di 80 città dalle Metropoli (Milano, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Genova etc) fino alle città più piccole hanno visto scendere in piazza centinaia di migliaia di persone: giovani e anziani, studenti e insegnanti, lavoratori in sciopero, portuali in lotta contro il traffico di armi. Moltissimi giovani, anche di seconda e terza generazione, hanno risposto all’appello alla mobilitazione. A determinare un cambio di passo, dopo la forte mobilitazione attorno alla Flottiglia, è stata la scesa in campo dei lavoratori con le due giornate di sciopero, prima il 19 e poi il 22. Senza dubbio un’unica grande giornata di lotta sarebbe stata meglio, ma è evidente che è prevalsa la logica di bottega e l’opportunismo della burocrazia Cgil. Gli scioperi del 19 hanno avuto il merito di far entrare la solidarietà alla Palestina anche in quei posti di lavoro dove il sindacalismo di base non è storicamente presente, come le fabbriche metalmeccaniche e chimiche.
La parola d’ordine “blocchiamo tutto” è stata perseguita ovunque con determinazione: dall’assedio alla stazione centrale di Milano al blocco del traffico ferroviario a Napoli; dai blocchi dei porti a Genova, Trieste, Venezia, Ravenna e Catania, fino a quelli di tangenziali e autostrade come a Bologna, Firenze e Roma.
Grande è stata la partecipazione in cortei enormi che non si vedevano da decenni, grande è stata la determinazione a perseguire il risultato dei blocchi anche a fronte di cariche, lacrimogeni e idranti.
Un popolo in piazza a fianco della Resistenza, e contro una classe dirigente nostrana complice del genocidio dei palestinesi e responsabile delle politiche contro i lavoratori e le masse popolari degli ultimi anni nel nostro paese. Una mobilitazione e una determinazione che hanno reso inefficaci tutte le misure di controllo preventivo e repressivo, dal decreto sicurezza, alle zone rosse, fino alla militarizzazione del territorio.
Oggi il solco tra la gente solidale alla Palestina e le classi dominanti che allevano i mostri sionisti è sempre più profondo: èchiaro il legame della solidarietà tra gli oppressi ed è altrettanto chiaro l’isolamento degli oppressori. Un movimento di massa contro lo sterminio di un popolo e contro la guerra imperialista è esploso e non sarà facile per i criminali imperialisti ricacciarlo indietro. Non a caso proprio oggi Giorgia Meloni ha dichiarato di essere disposta a riconoscere uno Stato di Palestina, parole di facciata che nascondono la grande paura della controparte nel vedere le masse che si mettono nel campo della lotta.
Questa grande spontaneità sta rideterminando un rapporto di forza che si dovrà riuscire a riversare anche nei posti di lavoro, nell’università e nelle scuole.
A questa grande spontaneità e determinazione va corrisposta la prospettiva dell’organizzazione dei lavoratori e dei proletari contro un sistema in putrefazione e contro le sue classi dominanti criminali che vogliono trascinare l’umanità nel baratro di una nuova guerra mondiale.
L’unità tra la lotta di liberazione dei i popoli oppressi e la lotta di classe dei lavoratori e delle masse popolari nelle metropoli imperialiste è la strada da seguire. L’organizzazione dei comunisti è lo strumento da costruire.
Continuiamo ad opporci all’avanzata della guerra imperialista, per farla finita con questo sistema di sfruttamento, morte e oppressione!
Al fianco di tutti i fermati e gli arrestati.
Morte all’imperialismo! Libertà ai popoli
Resistere per Vincere!
Antitesi – Organizzazione comunista