Volantini e comunicati

Bernini agli studenti del semestre filtro di medicina: “Inutili, poveri comunisti”


Queste sono state le parole usate dalla ministra Bernini per additare gli studenti e le studentesse che protestano contro la nuova modalità di accesso alla facoltà di medicina che rischia già di lasciare posti vacanti. Risposta che non arriva casualmente: l’università italiana non appartiene ai suoi studenti, non ne rispetta i bisogni, non ne sostiene il diritto all’istruzione.

Ma come funziona questo nuovo semestre filtro?
Presentato come un’innovazione che avrebbe reso più accessibile la facoltà di medicina, in realtà il semestre filtro va solo ad acuire il classismo di un sistema meritocratico di accesso all’istruzione universitaria. Nei mesi di settembre e ottobre chiunque fosse in possesso di un diploma aveva il diritto di partecipare alle lezioni delle tre materie oggetto d’esame d’accesso: chimica e propedeutica biochimica, biologia e fisica. Tutto questo senza che vi sia stata preparazione dei programmi delle suddette materie e senza aver predisposto spazi adeguati. Questione che da un lato ha portato ad un’offerta didattica parziale e modellata sulla prova in sé e che dall’altro ha messo sotto ulteriori pressioni gli atenei. Questi già normalmente non riescono a garantire nei primi mesi spazi sufficienti per il numero di frequentanti e di conseguenza hanno richiesto prenotazioni per seguire le lezioni in presenza e anche la riabilitazione della didattica a distanza per coloro che sarebbero rimasti “senza posto”.
Conclusa questa prima fase si apre ufficialmente la competizioni per conquistare un posto in graduatoria: due appelli (20 novembre e 10 dicembre), chi prende almeno 18 in tutti e tre gli esami accede, invece, chi pur eccellendo negli altri ne boccia uno è fuori. I risultati della prima prova con solo il 13% di promossi a fisica e i commenti degli studenti alla seconda individuata come più complessa fanno già pensare che resteranno posti vacanti.

Tutto questo è in linea con il funzionamento generale dei nostri atenei, infatti se un giovane diplomato vuole avere accesso all’università, oggi, è costretto a superare due filtri.
Il primo è quello di classe: i soldi per un affitto, le tasse universitarie, i libri e il tempo che un ragazzo può impiegare a studiare piuttosto che lavorare rappresentano ormai un lusso riservato a pochi.
Il secondo filtro è quello imposto dalle necessità della nostra borghesia imperialista: i finanziamenti ai vari indirizzi di studio si basano su logiche di mercato. Oggi, in un’economia riconvertita alla guerra, questi vanno a favorire gli ambiti più rilevanti per il complesso militare/industriale, che di certo non comprendono la sanità!

Difatti anche il numero chiuso a medicina venne inserito con la riforma Zecchino del 1987 presentandosi come misura necessaria, per carenze strutturali di spazi e personale a seguito dell’apertura dell’istruzione universitaria (alla quale si poteva accedere con qualsiasi tipo di diploma), ma temporanea, dichiarando che a tali mancanze si sarebbe sopperito negli anni per ristabilire una totale libertà d’accesso.
Quasi quarant’anni dopo, e con una sanità che il Covid-19 ci ha dimostrato al collasso, la situazione è solo peggiorata: la nuova modalità tiene gli studenti in sospeso per mesi, continuando a escludere molti tra coloro che si dovrebbero pagare da soli gli studi.
Studenti che non sanno se riusciranno ad accedere effettivamente alla facoltà e che anche nel momento in cui ci riuscissero potrebbero essere mandati in qualsiasi parte d’Italia, senza sapere se i costi degli affitti e della vita nella tal città sarebbero per loro sostenibili.

E cosa ci si aspetta dagli studenti? Che partecipino a una competizione sfrenata e a una corsa continua nel tentativo di rimanere a galla, in un sistema che, come dice senza vergogna la ministra stessa, li vede come inutili scarti quando falliscono e non ne considera le differenti condizioni materiali.

Noi pensiamo che il problema non siano gli studenti e le studentesse, ma un sistema che si orienta in base agli interessi di guerra di pochi, sacrificando il diritto allo studio e alla salute di tutti gli altri.
Bisogna opporsi a questo ricatto, sbarrare la strada ai diktat dello Stato di guerra e abbattere il sistema che lo genera, nel solco delle mobilitazioni che hanno scosso gli Atenei e l’Italia negli ultimi due anni.

Organizziamoci per rompere l’isolamento e la competizione!
Abbiamo bisogno di medici e ospedali, basta armi e militari!

Antitesi – Organizzazione Comunista