Misure di prevenzione e Stato di guerra
Continua l’accanimento della questura di Trieste verso i compagni e le compagne resosi “colpevoli” della giornata di lotta del 25 Aprile scorso.
In quella giornata il corteo antifascista partito da Campo S. Giacomo ha saputo resistere alla violenza di Stato, non facendosi intimorire dagli scudi e dai manganelli agitati dalla polizia per bloccarlo, riuscendo ad arrivare presso la Risiera di san Sabba, dove, come ogni anno, era in atto l’ipocrita teatrino inscenato dalle istituzioni borghesi.
In seguito a tali fatti, la Digos triestina, lo scorso primo luglio, ha perquisito le case di undici militanti, indagati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, sequestrando telefoni e altri oggetti personali come vestiti, libri, volantini e persino un martello e un’ascia per spaccare la legna!
Ma, evidentemente, la ritorsione repressiva non era ancora sufficiente per la questura. Nelle settimane successive alla perquisizione, è stato notificato a diversi compagni l’avvio del procedimento per l’emissione a loro carico della misura del daspo rispetto alle manifestazioni sportive e, per uno di essi, l’avviso orale con prescrizioni che, tra le altre cose, potrebbe comportare il divieto di utilizzo di programmi di messaggistica criptati, dei quali fanno tecnicamente parte applicazioni come whatsapp e simili.
Le misure di prevenzione sono provvedimenti amministrativi adottati direttamente dal questore contro singoli, per limitarne la libertà personale in nome della loro pericolosità sociale, senza che, come dovrebbe essere teoricamente previsto in uno Stato di diritto, vi sia un procedimento penale accertante la commissione di un reato. Sono state inventate dal fascismo contro gli oppositori, transitate nella cosiddetta repubblica democratica, ampliate e affinate utilizzando le costanti campagne emergenzialiste e securitarie.
Il daspo dallo stadio è stato introdotto nell’ambito della cosiddetta “emergenza ultras”, poi allargato alla gestione poliziesca degli spazi urbani nelle campagne per la “sicurezza e il decoro” (il “daspo urbano”), e infine ampliato con il “daspo fuori contesto”, per cui a chi è semplicemente indagato per determinati reati si vieta la frequentazione di eventi sportivi. È questo il caso dei procedimenti notificati per il corteo del 25 Aprile, che dimostra, per l’ennesima volta, come dalla repressione sociale contro ultras, “delinquenti” e proletari marginali, si passi alla repressione politica vera e propria.
La gran parte delle misure di prevenzione, come l’avviso orale, il foglio di via e la sorveglianza speciale, sono contenute nel cosiddetto codice antimafia – il decreto legislativo 159/2011 – e dunque, anche in questo caso, lo Stato reprime i militanti politici attraverso l’utilizzo di misure previste per colpire “mafiosi e criminali”, introdotte ai tempi della cosiddetta emergenza mafia.
Un altro esempio eclatante in tal senso è il regime penitenziario del 41 bis, la tortura dell’isolamento, prima previsto esclusivamente per i condannati per reati di mafia e poi esteso ai rivoluzionari prigionieri, condannati per terrorismo, come l’anarchico Alfredo Cospito e i comunisti Marco Mezzasalma, Nadia Lioce e Roberto Morandi.
Tutta questa repressione denota lo Stato di guerra che abbiamo di fronte: la borghesia imperialista italiana, dietro la maschera democratica, ha bisogno della repressione preventiva, dell’emergenza continua e della riabilitazione del fascismo per pacificare in ogni modo il fronte interno, mentre, sul fronte esterno, è parte del processo di guerra imperialista e ne prepara il suo ulteriore aggravamento.
Dall’Ucraina alla Palestina, il ruolo guerrafondaio dell’imperialismo italiano è chiaro: spingere ancora verso la guerra per procura contro la Russia, all’interno della Nato e dell’Ue, e confermare l’alleanza strategica con il regime genocida sionista, nonostante qualche distinguo formale. Riarmo ed economia di guerra sono pagati dalle masse popolari, con tagli alla spesa sociale, inflazione e attacco generale alle condizioni di vita.
Non possiamo permetterci di fare un passo indietro! Dobbiamo resistere al clima repressivo che avanza e restare uniti, in particolare partecipando alle prossime iniziative locali contro militarizzazione e Stato di guerra.
Segnaliamo:
– 04/09 dalle 18.00 – Piazza Perugino, Trieste: contro la militarizzazione dei quartieri e le “zone rosse”;
– 05/09 dalle 17.30 – Piazza dell’Unità, a Ronchi dei Legionari: per la presentazione del corteo del 13 settembre contro la multinazionale della guerra Leonardo;
– 06/09 dalle 16.00 – colle di S. Giusto, Trieste): dibattito contro la guerra e Leonardo;
– 13/09 dalle 11.00 – Piazza dell’Unità, a Ronchi dei Legionari: corteo contro la multinazionale della guerra Leonardo;
– 15/09 dalle 17.30 – Piazza S. Antonio (Trieste): corteo contro la militarizzazione del porto di Trieste.
Antitesi – Organizzazione Comunista (Trieste)