SE GUERRA DEV’ESSERE, CHE SIA DI CLASSE!
25 febbraio 2023
Volantino distribuito a Genova in occasione della manifestazione nazionale dei portuali del Calp contro il traffico di armi e la guerra imperialista della NATO
Ad un anno dall’operazione russa in Ucraina, il perdurare della guerra palesa la stagnante situazione di crisi nella quale si trova il sistema di produzione capitalista, con il costante e disperato tentativo da parte delle fazioni imperialiste di sopravvivere, facendo crollare l’economia di qualche formazione avversaria. Gli economisti borghesi cercano di dipingere la crisi come conseguenza della pandemia e poi della guerra, nascondendo il reale rapporto causa- effetto: è la crisi sistemica del modo di produzione capitalistico a partorire tensioni che da politiche, monetarie, commerciali si stanno con estrema rapidità trasformando in conflitto militare aperto tra blocchi economici contrapposti, e non viceversa.
È necessario ribadire che solo l’abbattimento del modo di produzione capitalista potrà fermare realmente la guerra, sfatando così l’ossessivo pacifismo ipocrita di chi fino ad oggi è stato miope, se non complice, delle politiche guerrafondaie, ignorando che da anni la pace reale non esiste né per l’Ucraina, né per l’Europa. Da nove anni il popolo del Donbass vive sotto le bombe di Kiev, con costanti aggressioni e vessazioni, mentre da decenni le mire imperialiste dei governi occidentali, Europa inclusa, condannano intere popolazioni alla fame e alla distruzione; basti pensare a ciò che è stato fatto in Afghanistan, Siria, o Jugoslavia, solo per citarne alcuni. La NATO, a guida Stati Uniti, conduce sistematicamente manovre di espansione, di accerchiamento nei confronti del gigante russo e di sfruttamento verso la Cina, che oggi sta ribaltando le carte in tavola, diventando il nemico numero uno dell’imperialismo a stelle e strisce. Tutto questo toglie ogni dubbio su chi sia nella fase attuale il nemico principale di tutti i popoli.
viene preparata, è necessario cogliere tutte le mosse fatte dai vari governi per prepararsi al conflitto, anche sul fronte interno. Stiamo parlando di vera e proprio economia e politica di guerra: il raggiungimento del 2% del Pil per le spese Nato a discapito di scuola e sanità, l’allineamento totale della propaganda a scopo bellicista, l’innalzamento del livello repressivo di ogni forma di dissenso, la militarizzazione delle scuole in quanto luogo fisico e l’indottrinamento delle nuove generazioni con il fiorire ad esempio di protocolli per effettuare i PCTO nelle caserme di tutto il territorio, siano esse basi militari italiane, NATO o statunitensi, l’utilizzo di queste ultime e di tutta la rete logistica nazionale (porti inclusi) nelle strategie belliche.
I costi della guerra e della crisi verranno scaricati sempre più tragicamente sulle spalle della popolazione che pagherà, in termini di posti di lavoro, di aumento del carovita e di restringimento dei diritti basilari, un prezzo altissimo. Tutto questo viene affiancato da un avvitamento repressivo che mira ad ottenere un clima piatto e pacificato, per frenare qualsiasi forma di dissenso interno e creare un vero e proprio “stato di guerra” con la chiusura di spazi di agibilità, la limitazione dei cortei ed un uso dei reati associativi e sorveglianze speciali con sempre più frequenza, contro chiunque si ponga sul piano della lotta. Questo è il fronte interno della guerra imperialista che mira a colpire preventivamente ogni opposizione sia di massa che rivoluzionaria, poiché nessuno stato può combattere a lungo una guerra senza il consenso interno.
Il regime di 41 bis, vera e propria tortura, al quale sono sottoposti l’anarchico Alfredo Cospito, tutt’ora in sciopero della fame, e anche tre comunisti delle BR-PCC, costituisce la punta più alta di quel sistema repressivo di cui lo stato borghese si è dotato per reprimere e punire esemplarmente in particolare chi si pone su un piano rivoluzionario.
L’unica via di uscita è lottare per farla finita con questo sistema. Dobbiamo lottare contro la Nato e per la disfatta del nostro governo e della nostra borghesia, al fianco dei lavoratori portuali e dei comitati che si battono contro le servitù militari, sostenendo tutti i popoli che resistono alle mire dell’imperialismo, come da anni stanno facendo le popolazioni del Donbass e come sta facendo eroicamente da più di 70 anni il popolo palestinese e la sua Resistenza. E se la fame di sopravvivenza delle fazioni imperialiste dovesse prendere definitivamente il sopravvento, scatenando un conflitto ancora più ampio, non dobbiamo farci intimorire. Per quanto il nostro nemico possa sembrare forte, potente ed imbattibile, storicamente proprio le situazioni di guerra hanno creato le condizioni affinché fosse possibile un cambiamento radicale della società tutta. L’indebolimento sul fronte interno delle nostre classi dominanti e dei nostri governi, come riflesso dell’indebolimento sul fronte esterno del blocco occidentale, potrebbe aprire enormi spazi di agibilità per la nostra classe.
Contro la NATO, contro la nostra borghesia, sabotare la guerra imperialista!
Da Nord a Sud per un mondo socialista senza più classi, guerre e sfruttamento!