La Resistenza non è un pranzo di gala
7 ottobre 2024
Il 5 ottobre è stata una giornata di resistenza.
Ad un anno dall’inizio del Diluvio di Al Aqsa, la piazza, coraggiosamente convocata a Roma da Gpi e Udap, ha dimostrato la forza della solidarietà alla Resistenza palestinese. Oltre diecimila persone si sono trovate in piazza, ma molte di più hanno sfidato apertamente il dispositivo messo in campo dal Ministro Piantedosi. L’afflusso a Roma non è stato impedito né da un mese di campagna mediatica terroristica sulla manifestazione, orchestrata da media e governo, né dai relativi dispositivi di controllo e repressione.
Il 5 ottobre è di tutti quelli che erano in piazza e hanno cercato in tutti i modi di esserci. Di tutti quelli in pullman che sono stati fermati lungo le vie di accesso alla capitale e rispediti indietro con ricatti ed intimidazioni. Delle decine di pullman “scortati” dalle forze dell’ordine per centinaia di chilometri affinché rientrassero nei luoghi da cui erano partiti. Di tutti quelli fermati alle stazioni dei treni alla partenza, all’arrivo, alla metro e negli autogrill, alcuni dei quali si sono visti rifilare fogli di via a pioggia.
Per tutti questi motivi, essere in piazza in oltre diecimila persone è stata una vittoria. Il dispositivo militare-repressivo messo in campo dal governo, volto a vietare qualsiasi assembramento di persone, è politicamente fallito. La gestione della piazza non cade dal cielo – e non è la scelta di un Ministro più fascista di quelli precedenti – ma è la conseguenza del contesto di guerra su scala globale. È il riflesso interno della guerra: la “guerra interna” fatta di reazione e repressione. È il manifestarsi del “diritto penale del nemico” che materializza lo Stato di guerra sul fronte interno.
La volontà del corteo di forzare il divieto a muoversi dalla piazza e poi la discreta compattezza, in risposta alle cariche delle forze di polizia, dimostrano che c’è chi non vuole chinare la testa contro la censura verso la Resistenza del popolo palestinese e lo stato di guerra che avanza. La vecchia litania degli infiltrati e dei “buoni e cattivi” è da respingere in ogni sua forma e va rispedita ai mittenti, ovvero governo, apparato massmediatico e sinistrume vario. Questa cantilena è funzionale solo a dividere, isolare e indebolire la forza delle lotte.
Al contrario, se il dispositivo repressivo messo in campo ieri dalle forze di polizia è l’esempio dell’applicazione dello stato di guerra sul “fronte interno”, bisogna organizzarsi per resistere con ancor più compattezza, unità, determinazione e forza. Lo stato di guerra e l’accelerata repressiva espressa dal Ddl 1660 non passeranno solo se ci sarà la forza concreta di bloccarli, violandone quindi l’uso e la loro legittimazione politica. Ciò che viene approvato nei palazzi governativi deve essere rigettato con forza nelle piazze in modo compatto. Anche per questo esprimiamo piena solidarietà a tutti i compagni e le compagne colpiti dalla repressione: ai denunciati a cui è stato impedito di partecipare alla piazza, ai fermati in seguito alle cariche e al compagno processato per direttissima.
Il 5 ottobre a Roma è stato questo, un atto di resistenza di massa. Ma non deve essere l’ultimo, se vogliamo fermare l’avanzare dello stato di guerra e raccogliere forze per buttare giù questo sistema di miseria, guerra e sfruttamento. Resistere per vincere!
Antitesi
Condividiamo il volantino distribuito in piazza a Roma il 5 ottobre: