La rabbia giovanile incendia il fronte interno
10 novembre 2024
I video che stanno circolando in questi giorni sui social mostrano i tifosi del Maccabi Tel Aviv scappare per le vie di Amsterdam, attaccati e inseguiti da bande di giovanissimi pro-Palestina. Il bilancio post Ajax-Maccabi è di 62 fermati e 2 aerei inviati in soccorso da Nethanyau, una rivolta che ha colpito duro e ha letteralmente messo in rotta centinaia di riservisti Idf. Non vogliamo parlare del singolo episodio, della sua chiara legittimità e di come sia partito tutto dalle provocazioni degli “israeliani” con aggressioni e canti inneggianti al genocidio. Vogliamo invece allargare lo sguardo sul fenomeno delle rivolte giovanili in Europa e sul legame tra la repressione di questa rabbia e lo Stato di guerra che stanno cercando di costruire i nostri governanti.
Gli attacchi antisionisti di Amsterdam sono l’ultimo di numerosi episodi di rivolta in Europa dove sono protagonisti i giovani proletari, spesso di seconda generazione, che esprimono una determinazione capace di mettere in crisi lo Stato e i suoi apparati militari (o in questo caso i riservisti delle Idf). Pensiamo alle notti di scontri per la morte di Nahel in Francia, o la rivolta a Lisbona dopo l’uccisione di un giovane di Capo Verde, o anche ai 6 giovani che lo scorso 25 aprile hanno caricato da soli lo spezzone sionista a Milano. Una generazione in cui, oltre alla depressione e all’ansia, covano anche la rabbia e la voglia di sfidare un sistema che li emargina e li condanna alla precarietà.
Di questo lo Stato italiano si è accorto e si sta attrezzando per prevenirne gli effetti: il decreto Caivano e il Ddl 1660, con le loro norme ad hoc contro i reati giovanili, sono il tentativo di ingabbiare la stessa rabbia che sta esplodendo in Europa e rischia di fare altrettanto qui. Il contesto di guerra mondiale imminente impone agli stati Nato di pacificare il loro fronte interno (di cui fanno parte i giovani e le contraddizioni con cui si scontrano) per potersi impegnare meglio sul fronte esterno. Anche le norme del nuovo Ddl contro chi non ha la cittadinanza non sono il frutto di un razzismo gratuito del governo meloni, ma sono in continuità con il sistema dei permessi di soggiorno che tiene sotto scacco migliaia di proletari. L’Italia sa che dovrà chiedere ai figli degli immigrati di combattere e morire per un paese che li ha sempre trattati come cittadini di serie z e vuole lavorare per colpire quelle avanguardie che già si mobilitano contro il genocidio in Palestina o contro i Cpr. Infine, sempre più stati europei stanno adottando leggi simili, facendo leva proprio sull’ondata di mobilitazioni per la Palestina (es. la Germania che minaccia di revocare i permessi di soggiorno a chi solidarizza con la Resistenza Palestinese).
Finora in Italia questa rabbia non si é ancora espressa con forza, ma ha di fronte a sé l’esempio dei propri coetanei europei che hanno la capacità di individuare in maniera chiara il nemico: lo Stato borghese e il sionismo. I giovani, soprattutto i giovani delle periferie, in questa fase di guerra saranno sempre più terreno di contesa tra la borghesia imperialista e il proletariato rivoluzionario. La mobilitazione interventista della prima guerra mondiale così come quella fascista nel ventennio hanno puntato tantissimo sui giovani e sul loro bisogno di dare uno scopo alla propria vita: anche oggi i giovani dovranno nuovamente scegliere se difendere lo stato di cose attuali aderendo all’ideale di patria borghese o lottare per la prospettiva di riscatto ed emancipazione della rivoluzione socialista. Noi comunisti dobbiamo saper interpretare ma soprattutto imparare da queste situazioni, che hanno la capacità di mettere a nudo le contraddizioni del nostro imperialismo.
Antitesi