CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA, A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE!
4 novembre 2023
Volantino distribuito in occasione della manifestazione a Firenze contro il nuovo comando NATO
Al momento assistiamo a diversi fronti di guerra da quello principale in Ucraina, alle lotte anticoloniali in Africa subsahariana francofona, alla gloriosa resistenza palestinese, che ha vissuto una giornata storica in cui ha dimostrato la vulnerabilità dell’imperialismo sionista.
La guerra è conseguenza della crisi e la tendenza alla guerra rimarrà finché ci sarà l’imperialismo. L’appello “fermare la guerra” deve concretizzarsi a partire dalle lotte contro la presenza delle basi militari sui territori, contro l’aumento delle spese belliche e la sua industria, contro la militarizzazione delle scuole e delle università, dentro i luoghi di lavoro contro le conseguenze economiche che gravano sulla classe lavoratrice. L’attuale scontro inter-imperialista ha aperto ampi spazi di agibilità per il proletariato internazionale e per i popoli oppressi. Dentro la contraddizione tra imperialismo e popoli oppressi, dalle lotte anticoloniali in Africa, al glorioso esempio di lotta lanciato dalla resistenza palestinese il 7 ottobre che ha segnato la storia, sono dimostrazioni di come il nemico non sia inattaccabile.
Il nostro compito è praticare la solidarietà internazionalista schierandoci con la resistenza palestinese e con tutte le lotte anticoloniali, ribadendo che si può vincere solo rilanciando la possibilità di una prospettiva rivoluzionaria. È dunque proprio la realtà che ci sta dimostrando come il multipolarismo non porti ad un equilibrio pacifico, ma al caos, in cui ciascuna fazione cerca di giocare al meglio le sue carte: per fermare la guerra crediamo si debba giocare al meglio le nostre, combattendo il nemico in casa, ovvero la nostra borghesia italiana imperialista, i suoi alleati e i suoi interessi.
Una dimostrazione concreta dell’accelerazione è la rinnovata corsa al riarmo che investe tutte le fazioni, con il keynesismo militare che diviene il perno su cui adeguare l’attuale economia ad un capitalismo di guerra funzionale alla fase attuale. Infatti anche gli sforzi del governo Meloni in materia economica si sono concentrati a beneficio dei grandi gruppi del complessomilitare industriale, aumentando le spese militari con il traguardo di arrivare a destinare il 2% del pil come richiesto dalla NATO.
Il riflesso della guerra sul fronte interno non è quantificato solo dalle spese militari, ma anche dalla restrizione di spazi politici e dalla propaganda di guerra.
La necessità dello Stato (di guerra) di avere un fronte interno pacificato è l’elemento su cui, di emergenza in emergenza (dall’emergenza covid all’emergenza guerra), la classe dominante spinge verso un ulteriore accentramento dei poteri funzionale al disciplinamento sociale per governare le contraddizioni sociali che crisi e guerra portano con sé. Dal caso Cospito, all’usofrequente dei reati associativi per attaccare esperienze di lotta e organizzazione, al decreto Caivano contro l’emergenza baby gang, sono alcuni degli esempi concreti di come lo Stato di guerra punti a criminalizzare sia le masse giovanili, sia chi si pone in una prospettiva di rottura dello stato di cose presenti. In aggiunta, stabilire un livello culturale idoneo per favorire l’accettazione delle necessità strategiche dello Stato rappresenta un ulteriore salto in avanti nelle politiche di controrivoluzione preventiva e nella volontà di foraggiare un sentimento comune d’interesse nazionale per superare la retorica della “guerra umanitaria” che ormai non regge più. È in questo senso che dobbiamo leggere la sempre più stretta collaborazione tra il mondo accademico e quello militare per cui diventa necessario ribaltare la loro narrazione culturale laddove questo si dispiega con maggior intensità; ovvero nelle università e nelle scuole.
Come comunisti sappiamo che l’unico modo per fermare la guerra è combattere per farla finita con questo sistema, far emergere i nodi delle contraddizioni in seno al movimento contro la guerra e alla classe, combattendo sul piano ideologico ilriflesso dell’ideologia dominante; dobbiamo dunque lavorare energicamente per dotare il proletariato del suo comporto organizzato, superando il ritardo dei comunisti. Il progressivo indebolimento delle nostre classi dominanti è il riflesso dell’indebolimento del blocco occidentale sul fronte esterno ed è questo il solco in cui dobbiamo agire, costruendo l’Organizzazione per trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria.
OPPORSI ALLA GUERRA DOVE VIENE PRODOTTA:
4 NOVEMBRE TUTTI IN PIAZZA A FIRENZE CONTRO IL NUOVO COMANDO NATO!