Antitesi n.14Imperialismo e guerra

Hic sunt leones

Intervista al compagno palestinese Fouad Daher (Fplp)

“Imperialismo e guerra” da Antitesi n.14 – pag.63


Antitesi1Come si è modificata la situazione della lotta del popolo palestinese a fronte della guerra imperialista in corso in Ucraina?

Fouad: In connessione con il conflitto a livello internazionale e, in particolare con la continuazione della guerra in Ucraina, ci sono temi scottanti nell’agenda palestinese: il flusso di armi americane ed europee all’esercito ucraino, l’impatto internazionale della crisi energetica, l’inflazione, l’aumento dei prezzi dei carburanti e il perdurare della crisi alimentare. Va sottolineato che esiste una divisione tra americani ed europei sul processo e sulla qualità degli aiuti militari all’Ucraina e va tenuto presente che, a fronte della designazione di Aleksandr Lapin (già al comando delle truppe russe in Siria, ndr) a capo di stato maggiore dell’esercito russo nell’operazione militare russa in Ucraina, si sta dando un’escalation internazionale che indica la preparazione a uno scontro diretto tra Russia e Nato, e potremmo trovarci di fronte a una guerra mondiale.

Vediamo che in questo scenario non vi è alcuna indicazione all’orizzonte che ci sia una fine prevista della crisi, poiché le condizioni indicano il desiderio di ciascuna delle parti di ottenere la vittoria sull’altra sul campo di battaglia. Questo conferma la possibilità di una svolta rapida. Indubbiamente, prolungare la guerra è un fattore di esaurimento per entrambe le parti.

L’accelerazione di eventi sempre più esplosivi e la crisi economica globale condizionano la situazione attuale dei paesi arabi e di alcuni paesi della regione.

In Siria, nell’ultimo periodo, c’è stato un certo “movimento” e alcuni paesi arabi stanno ripristinando le loro relazioni con Damasco. C’è il riavvicinamento tra Ankara e Damasco e ci sono ipotesi su un ruolo degli Emirati con il supporto russo per normalizzare il rapporto tra Turchia e Siria in connessione con la cosiddetta “diplomazia del terremoto”. A seguito della catastrofe umanitaria che ha colpito i popoli siriano e turco, gli Emirati Arabi Uniti stanno portando avanti mediazioni volte a ripristinare i rapporti tra Damasco e Ankara e, forse in seguito, anche con paesi del Golfo come l’Oman e l’Arabia.

Contemporaneamente l’amministrazione americana cerca di rafforzare la sua posizione nei confronti della Siria nel contesto della catastrofe causata dal terremoto e del drammatico peggioramento dei livelli umanitari, economici e di vita. Assistiamo, infatti, alla continuazione dell’aggressione sionista e statunitense ai territori siriani e al saccheggio delle sue risorse. Alcuni paesi arabi e del Golfo persistono nel continuare la normalizzazione con l’entità sionista e ciò costituisce un duro colpo per i diritti dei palestinesi.

AntitesiQual è la situazione invece in Palestina?

Fouad: La situazione sul campo è fragile, soprattutto dopo i risultati delle elezioni sioniste e l’ascesa dell’estrema destra sionista e fascista. C’è la possibilità che la situazione esploda da un momento all’altro, in particolare con i tentativi del governo sionista di risolvere il conflitto attraverso l’annessione. C’è inoltre la questione di Gerusalemme. Gli avvenimenti sono sempre più gravi con le ripetute incursioni nella moschea di Al-Aqsa, con i tentativi del terrorista Ben Ghafir di ripetere queste incursioni e con l’intento di imporre la divisione temporale e spaziale della moschea di Al-Aqsa. Ciò è ancora più grave visto che ci stiamo avvicinando ad un periodo denso di festività religiose ebraiche e che ci sono appelli da parte di gruppi di destra per un assalto su larga scala alla moschea di Al-Aqsa e anche per l’anniversario della marcia delle bandiere sioniste. È presa di mira principalmente la città di Gerusalemme e allo stesso tempo continuano sia l’espansione degli insediamenti che le decisioni, le procedure e gli attacchi contro tutto il nostro popolo. Vengono colpiti i residenti della città, ma continua alacremente anche la confisca delle terre e l’escalation delle operazioni sioniste in Cisgiordania con l’invasione di vaste aree, l’esecuzione di nuovi omicidi nella Striscia di Gaza e l’imposizione di misure severe sui prigionieri.

La nostra gente dentro alla zone occupate (territori del ‘48, ndr) sarà nel mirino del fuoco e al centro della tempesta attraverso l’accentuazione da parte del governo neofascista delle politiche di giudaizzazione e discriminazione razziale.

Per quanto riguarda il campo palestinese non ci si aspetta di assistere a una vera svolta verso un percorso di riconciliazione e di ricostruzione dell’organizzazione, nonostante i tentativi che potrebbero essere intensificati per porre fine a questa situazione anomala.

In termini di solidarietà internazionale, la questione palestinese ha registrato decisioni importanti delle quali bisogna tener conto, inclusa la decisione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di richiedere un parere consultivo alla Corte internazionale di giustizia.

Questa pista diplomatica è importante e utile da seguire perché va considerata come facente parte di un processo di confronto globale e non perché si tratti di una pista unica, o essenziale, isolata dal resto delle strade percorse dall’azione nazionale. Il suo sviluppo e rafforzamento richiede anche un processo di cambiamento delle missioni diplomatiche palestinesi che devono finirla con la corruzione, il nepotismo e tutte le tendenze negative. Il compito di assediare e isolare l’entità sionista in tutte le sedi internazionali è parte integrante delle strategie di azione e lotta nazionale. Questo richiede un investimento di tutte le voci di solidarietà, comprese le relazioni delle istituzioni internazionali sugli insediamenti, sull’apartheid e sulla pulizia etnica perseguiti da parte delle autorità di occupazione. Richiede anche il rafforzamento delle campagne di boicottaggio contro il continuo assalto sionista volto a far tacere la voce della solidarietà. È utile compiere sforzi diplomatici anche perché venga riposta l’attenzione sulla risoluzione 3379 delle Nazioni Unite e quindi sulla decisione di considerare il sionismo come un movimento razzista.

Nonostante l’importanza del discorso sull’“apartheid” e sulla pulizia etnica, noi, come partito rivoluzionario, non consideriamo la questione dell’occupazione come principalmente un problema di regime di apartheid o di regime che applica politiche discriminatorie e di pulizia etnica. Piuttosto, pensiamo che il problema principale da cui derivano tutti gli altri sia l’esistenza dell’occupazione stessa che, secondo la nostra concezione, è un’occupazione espansionista-coloniale. La nostra battaglia contro di essa è una battaglia per la nostra esistenza che non finirà se non con lo smantellamento del progetto coloniale, la liberazione della terra palestinese e il ritorno dei profughi.

AntitesiChe informazioni e valutazioni puoi darci sulla “Fossa dei Leoni”?

Fouad: La natura dello squilibrio di forze in atto e l’aggressività dell’entità sionista hanno prodotto e reso necessario un tipo avanzato di operazioni di resistenza in Cisgiordania, come è emerso nel corso del conflitto dell’ultimo periodo. Esistono e si diffondono fenomeni semi-organizzati, come il “Battaglione Jenin”, “La fossa dei leoni”, “Balata”, le guardie del campo di Dheisheh e altri che si sono trasformati in forze importanti, soprattutto per la possibilità di espansione, diffusione e continuità, e sono stati il sintomo della detonazione della situazione in Cisgiordania. Essi hanno creato ampia simpatia popolare, un abbraccio e un grande sostegno tra i giovani palestinesi. A questo successo ha contribuito l’aspetto unitario di queste formazioni, ed esse hanno costituito un’espressione essenziale dello spirito di lotta del nostro popolo.

Riguardo alla situazione politica interna palestinese, la divisione getta ancora un’ombra oscura e, nonostante gli sforzi palestinesi e arabi, in particolare gli sforzi dell’Algeria, non c’è stata una vera svolta su questo tema. Questo alla luce della continua non volontà della leadership (Anp ndr.) di prendere la risoluzione di lasciare il campo di “Oslo” e il suo coltivare le illusioni su accordi e negoziati, la sua mancanza di rispetto per gli interessi nazionali e la deliberata assenza di riconoscimento delle istituzioni palestinesi, in particolare dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina.

Anche le condizioni di vita del popolo palestinese hanno registrato dati catastrofici alla luce del protrarsi dell’aggressione (sionista, ndr), degli effetti della divisione (interna, ndr.), delle politiche distruttive dei due governi (palestinesi, ndr) al potere e delle ripercussioni sulle condizioni della nostra gente in patria e nella diaspora, e del perdurare nell’approccio del governo di Ramallah al coordinamento della sicurezza (con il regime sionista ndr) e alla negazione della libertà di opinione e di espressione.

Non si fermano i tentativi del Fronte di penetrare il muro di questa realtà complessa e drammatica, per raggiungere la perduta unità nazionale e giungere alla riconciliazione. Come parte di questi sforzi, il Fronte ha tenuto una serie di incontri e consultazioni con varie forze nazionali e sociali, desiderando formare un ampio movimento nazionale che contribuisca a unificare lo sforzo palestinese per porre fine alla divisione e creare un’unità nazionale.


1 Il compagno ci ha mandato le sue riflessioni dal Libano nel febbraio scorso.