Antitesi n.13Controrivoluzione ed egemonia di classe

Egemonia e guerra

Dal virus “cinese” all’orco “russo”

“Controrivoluzione ed egemonia di classe” da Antitesi n.13 – pag.44


La pubblicazione sul Corriere della sera, lo scorso cinque giugno, di una vera e propria lista di proscrizione, con tanto di foto segnaletiche, di chi si è permesso di esprimere una visione critica alla versione occidentalista del conflitto in Ucraina, fa riflettere sui metodi, le tecniche e gli scopi della propaganda in generale e di quella di guerra in particolare, nonché sulle evidenti similitudini con la campagna condotta contro il “nemico invisibile”, il Covid.

Sia per la “pandemia” che per la guerra attuale, tutti i mass media ufficiali e i loro pennivendoli servili hanno legittimato e dato voce ai diktat della comunicazione ufficiale, di Stato, sintomo questo di un conclamato processo di involuzione autoritaria della gestione del potere e dell’egemonia sulla società. Questo processo di graduale fascistizzazione della società, pur formalmente “democratica”, e il risvolto sempre più reazionario della propaganda borghese sono in atto da tempo. Più in generale vediamo anche come la propaganda borghese venga usata per far leva sui movimenti che le contraddizioni sociali generano (movimento pacifista, movimento green e ambientalista, movimento femminista) per piegarli agli interessi dell’imperialismo.

La propaganda è uno strumento con caratteristiche e finalità differenti a seconda della classe che la usa: in questo caso parliamo della propaganda della borghesia imperialista, quindi finalizzata ai loro obiettivi e gestita dallo Stato, il suo “comitato d’affari”, e dai mezzi di produzione di merci mediatiche di loro proprietà.

Anche per i proletari e i comunisti la propaganda è uno strumento indispensabile, ma le sue finalità e metodi sono non solo diversi, ma anche in opposizione antagonistica a quella del potere borghese.

In questo articolo, esamineremo la propaganda della borghesia imperialista, l’uso che ne viene fatto in questa epoca di capitalismo di guerra e il suo rapporto con le strutture della repressione dell’opposizione politica e sociale. In questo senso cercheremo di far emergere il nesso tra egemonia e dominio. Il termine egemonia1 è strettamente legato alla questione del potere poiché, assieme al dominio, è una delle due variabili per il suo esercizio. Per egemonia intendiamo l’esercizio del potere senza coercizione, ma attraverso il controllo ideologico e la costruzione del consenso. Per dominio intendiamo l’esercizio del potere con la coercizione, quando lo scontro tra le classi si acutizza e le classi dominanti sono spinte o costrette ad esercitare il monopolio della violenza, che risiede nello Stato.

È principalmente la sovrastruttura statale con le sue forme politiche, giuridiche, assetti istituzionali, corpi intermedi, modelli culturali introiettati e promossi (ad esempio con la scuola e l’università) che costruisce l’egemonia.

Lo Stato borghese è la sovrastruttura politica principale del modo di produzione capitalistico ed è l’organizzatore dell’oppressione di una classe sulle altre, “il prodotto dell’antagonismo inconciliabile tra le classi” come scrisse Lenin nel fondamentale saggio Stato e rivoluzione. La sovrastruttura statale non è altro che controrivoluzione organizzata sulla base dell’esperienza storica maturata nella lotta alla rivoluzione. Anche oggi la borghesia imperialista conduce, attraverso lo Stato “democratico”, la sua lotta politica: la controrivoluzione preventiva per impedire alla classi avverse, in primo luogo alla classe operaia, di contenderle il potere. Lo Stato si trasforma in base alla strategia controrivoluzionaria che è chiamato a mettere in campo. Pensiamo ad esempio all’evoluzione della forma Stato italiana, dal regime liberale postunitario a quello attuale “democratico”, passando per il fascismo. Si tratta di passaggi che hanno avuto al loro centro la contraddizione tra le classi dominanti e quelle sfruttate: lo Stato, come organizzazione politica delle prime contro le seconde, è mutato proprio per gestire, contenere e impedire lo sviluppo rivoluzionario di tale contraddizione.

Propaganda di guerra

La propaganda imperialista di guerra è sviluppata seguendo scrupolosamente gli undici principi di Goebbels2, cioè i principi della propaganda nazista, basata fondamentalmente sul concetto che “Tutta la propaganda deve essere popolare, adattando il suo livello al meno intelligente degli individui ai quali va diretta. Quanto più è grande la massa da convincere, più piccolo deve essere lo sforzo mentale da realizzare (…). La capacità ricettiva delle masse è limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria”3 (Principio della volgarizzazione).

Per esemplificare la metodologia e le tecniche adottati dalla propaganda di Stato seguendo i principi di Goebbels ne citiamo alcuni.

Il primo è il principio della semplificazione e del nemico unico. Nei vari passaggi della fase Covid questa regola è stata applicata per identificare e additare il responsabile di tutti i mali “l’egoista irresponsabile” incarnato di volta in volta dal runner, dal giovane che in estate partecipa alla movida, fino all’apoteosi del no vax e del no green pass. È sua la colpa degli ospedali intasati, delle nuove ondate di contagi, dei morti, e perfino della crisi di bar e ristoranti4.

Allo stesso modo nella propaganda di guerra il nemico da additare è il “filorusso”, propagatore di idee totalitarie, antidemocratico e contrario all’interesse della nazione, anche se la realtà è che il “filorusso” si oppone all’invio di armi, mentre i “democratici” inneggiano alla guerra.

Il secondo principio è quello del contagio e indica di riunire tutti gli avversari in un’unica categoria, di fare di ogni erba un fascio accorpando tutti i dissidenti. Per Silvio Berlusconi erano i comunisti, per Salvini gli immigrati, per il governo Draghi i nemici in tempo di Covid sono i no vax e oggi in tempo di guerra sono i filorussi.

Un altro principio utilizzato è quello della trasposizione e cioè il metodo di caricare sugli avversari le proprie colpe: se gli ospedali continuano ad intasarsi nonostante i vaccini la colpa non è dei tagli e della privatizzazione della sanità pubblica, delle cure sbagliate (la famigerata “tachipirina e vigile attesa”) o del vaccino che non funziona e in molti casi fa male più del Covid5ma è degli irresponsabili no vax, dei fiancheggiatori di questi “criminali”, cioè di coloro che espongono dubbi sull’efficacia e sicurezza dei vaccini e pure dei dissociati, divenuti no vax dopo le prime dosi.

Così per la guerra in Ucraina la colpa non è delle politiche aggressive e assassine dell’imperialismo Usa e dell’espansionismo militare ad est della Nato, ma dell’orco russo, nemico della libertà e pronto ad invadere non solo l’Ucraina ma anche la Moldavia, la Polonia, la Romania e la Georgia solo per le bramosie di potere del “mostro” Putin.

A questi principi si aggiungono quello dell’orchestrazione e del travisamento. Il primo dice che poche idee ripetute instancabilmente e presentate sempre sotto diverse prospettive diventano verità comune (“Una menzogna ripetuta all’infinito diventa verità”). Il secondo che per demolire l’avversario basta deformarlo mettendo in funzione la macchina del fango. Basti qui pensare alla descrizione dei no green pass, accorpati nella categoria no vax, come complottisti, terrapiattisti, ignoranti e via di seguito, includendo fra di essi scienziati e medici di nota fama. E alla descrizione dei “filorussi” come nemici della democrazia e della pace comprendendo tra di loro riconosciuti studiosi di profonda e rivendicata collocazione filoccidentalista (vedi il caso Orsini, docente alla Luiss-Libera Università Internazionale degli Studi sociali, oscurato dai social e senza più contratto in Rai), nonché pacifisti.

In ultimo c’è il principio del silenziamento e cioè quello di far passare sotto silenzio tutte le notizie, i fatti e le proteste che favoriscono l’avversario.

Un altro aspetto che salta agli occhi sia nella propaganda per la guerra al Covid sia in quella contro “l’orco russo” è l’uso delle parole e dei simboli. L’uso del vocabolario militare ci ha accompagnati fin dall’inizio del Covid: trincea, eroi, “scovare i positivi casa per casa”, coprifuoco, disertori, fino al “lasciapassare verde”Il nemico non è più il virus, ma il “cittadino untore”, arrivando a paventare metodi da rastrellamento, come in tempi di guerra6. E la mascherina è divenuta il simbolo per eccellenza, “uno strumento di civicità oltre che di civiltà”7In realtà la mascherina è un simbolo che sottende l’imbavagliamento, la sottomissione, e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, in un primo momento, aveva indicato cautela nell’estenderne l’utilizzo oltre operatori sanitari e malati8. Simboli e parole che sono stati prodromici a preparare la discriminazione sociale di chi non accetta la coazione “sanitaria” e non vuole dotarsi del lasciapassare verde, con i lavoratori “no vax” lasciati a casa senza salario. Una prassi poi destinata a ripetersi, specie nel mondo della cultura e dello spettacolo, per chi ha la cittadinanza russa, a cui vengono richieste atti di dissociazione dal governo russo, viene negata agibilità sociale e sequestrati beni sulla base delle sanzioni varate dall’Ue.

Propaganda di stampo nazista, simboli e dispositivi inibitori e discriminatori accompagnati dall’uso della paura, della paura della morte nel Covid, ora della paura della guerra nucleare “voluta dalla Russia”. In realtà dobbiamo sì aver paura del nucleare, ma perché in Italia oggi esistono almeno 140 basi Nato e Usa con decine di bombe atomiche!

Dietro a questa propaganda gli obiettivi sono quello di nascondere le vere cause delle contraddizioni sempre più gravi che stiamo vivendo, ovvero il disastro della sanità durante la sindemia e, oggi, la guerra imperialista voluta principalmente dalla Nato. D’altronde, la propaganda di Stato punta a far accettare alle masse popolari le conseguenze del “capitalismo di guerra” ed in particolare un certo disciplinamento sociale che Draghi aveva sintetizzato nella primavera scorsa nella formula “volete il condizionatore o la pace?” che ricalca quella oramai tristemente nota del “se non ti vaccini muori o uccidi”. Ora si parla già di razionamento energetico e possibili lockdown legati alla carenza di materie prime energetiche.

La propaganda è anche funzionale alla ristrutturazione dello Stato stesso, dei suoi rapporti interni e nei legami tra di esso e il capitale privato. Nella crisi, il grande capitale monopolistico e finanziario non solo, come sempre, gode del sostegno economico pubblico, ma entra sempre più direttamente nella gestione delle strutture statali con i suoi uomini, presentati dalla propaganda di regime come “tecnici super partes” (Draghi docet). Con la gestione autoritaria della “pandemia”, questo si è visto anche nel rapporto tra grandi multinazionali del farmaco e Stato, con i vaccini a numero chiuso e legati alle rispettive aree di influenza imperialista (i vaccini del blocco Nato, il vaccino russo, quello cinese e via dicendo). Nel caso particolare italiano abbiamo anche il caso di Carlo Bonomi che, eletto presidente di Confindustria il 20 maggio 2020, è proprietario di Sidam Srl, azienda leader nella produzione di consumabili nella diagnostica per liquidi di contrasto e quindi utilizzati nel racket dei tamponi di massa. Abbiamo avuto poi l’imposizione di uomini dell’esercito nella gestione della lotta alla “pandemia”, come il generale Figliuolo, a conferma di quella deriva autoritaria, poliziesca e militarista già ampiamente esibita con lo schieramento dei militari nelle strade durante il lockdown della primavera 2020. A questo ruolo diretto corrisponde, nella struttura economica, il rafforzarsi del keynesismo militare9, cioè della spesa pubblica al servizio del complesso militar-industriale, a sua volta funzionale e inserito nelle dinamiche della guerra imperialista globale. Dal vecchio welfare come strumento di egemonia della classe dominante sulle classi sfruttate, siamo passati al warfare come promozione strategica del settore bellico, sia come collettore capitalistico difronte alla crisi sia come fonte di ripartizione predatoria dei mercati internazionali con la guerra.

In mezzo a questo scenario, i mass media della borghesia imperialista nascondono che le cause della situazione attuale e della guerra sono da ricercare nel capitalismo stesso, della sua crisi economica che ne fa un sistema oramai in putrefazione. E va pure compreso il ruolo dei corpi intermedi, in particolare i sindacati, molto importanti nella gestione del conflitto sociale poiché non solo la crisi ha provocato la guerra, ma la conseguenza di quest’ultima sarà una crisi ancora più profonda, la recessione è già alle porte con il suo portato di chiusure di aziende, licenziamenti, disoccupazione e miseria, quindi con una prevedibile instabilità sociale e politica. Non a caso i vertici di Cgil, Cisl e Uil si sono subito allineati alla narrazione bellica antirussa, così come prima avevano assecondato l’introduzione di misure di disciplinamento e ricatto contro i lavoratori come il green pass e l’obbligo vaccinale.

La crisi economica tende però a divenire crisi di egemonia della borghesia imperialista sulle masse popolari, nonostante tutta la propaganda massmediatica di cui abbiamo detto. Lo dimostrano la disaffezione alle urne e i movimenti che si stanno succedendo a livello internazionale contro le politiche antipopolari, l’autoritarismo e il caro vita, anche nel cuore dei centri imperialisti, dai gilet gialli francesi al movimento no green pass in Italia, dal movimento dei contadini olandesi di quest’estate alle piazze attuali contro la guerra e le sanzioni alla Russia.

Dominio ed emergenzialismo

Con l’indebolirsi dell’egemonia della borghesia imperialista e il formarsi di movimenti politici e sociali di critica ed opposizione, la linea seguita dallo Stato dei padroni procede con il copione già delineato: prima additare il nemico attraverso la propaganda, poi mettere masse contro masse (mobilitazione reazionaria) arrivando fino a colpire i “disertori”, come successo, ad esempio, con la repressione violenta del movimento no green pass al porto di Trieste e nelle piazze di Milano. Entra così in campo l’altro aspetto del potere: quello del dominio, cioè della coercizione repressiva.

Nella fase che stiamo attraversando, quella di crisi conclamata del capitalismo e di tendenza alla guerra mondiale, a livello di forma Stato, è in atto una ridefinizione/integrazione del rapporto tra struttura e sovrastruttura, un adeguamento al capitalismo di guerra. In questa trasformazione va dunque conformato anche l’apparato repressivo e le norme che lo regolano.

Nel momento storico della sua approvazione, la Costituzione italiana aveva registrato il rapporto di forza tra le classi di allora, essendo di fatto un armistizio, dopo la sconfitta del fascismo, tra la borghesia instauratasi al potere e la classe operaia che non è riuscita a continuare la lotta per conquistarlo.

Pur essendo proclamato a livello costituzionale il bilanciamento tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario, il processo di accentramento del potere di fatto nell’esecutivo e l’esautoramento del parlamento è in corso da tempo con il rafforzamento dell’esecutivo, lo svuotamento di camera e senato, l’uso dei decreti legge e del voto di fiducia. Fino ad arrivare all’utilizzo delle decretazione governativa, con contenuti secretati, per le forniture di armi da parte del governo Draghi al regime ucraino.

La Costituzione viene usata come un elastico che è tirato dai rapporti di forza tra le classi. Nella fase della cosiddetta pandemia, la borghesia imperialista lo ha tirato fino al limite per vedere fino a che punto poteva spingersi senza spezzarlo. Lo Stato ha sperimentato un modus operandi che ora può più facilmente usare in tempo di guerra, lo ha potuto fare anche stante la debolezza della nostra classe. Inoltre, decretando l’emergenza lo Stato dei padroni ha avuto gioco facile nella costruzione e repressione del “nemico interno”, additando come untori i no vax e reprimendo il movimento no green pass. L’emergenza cosiddetta sanitaria, pur mantenendo formalmente l’assetto “democratico” derivante dalla costituzione, così tanto ufficialmente osannata da chi ci governa, ha rappresentato un inedito esperimento autoritario. Procedendo in tal senso, si è negato ogni diritto costituzionale: libertà personale, libertà di movimento, diritto al lavoro, diritto religioso ecc.

I Decreti del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) nel periodo dell’emergenza Covid sono stati legittimati da un decreto legge, il n° 6 del 2020, una vera e propria delega in bianco al governo dato che stabilisce che il presidente del consiglio può imporre norme eludendo la “riserva di legge”, prevista dalla Costituzione in diverse materie, come quello sanitario, della libertà personale e di movimento.

Il diritto a riunirsi e a manifestare ad esempio, sancito dalla Costituzione, è stato limitato e a tratti di fatto abolito durante la fase “pandemica”, con la giustificazione della diffusione del contagio. Oggi vige la prassi che il questore, per ogni manifestazione, ne limiti il percorso per evitarne l’incisività e per relegarla fuori dai centri cittadini, utilizzando quanto previsto dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (Tulps)10, varato durante il fascismo.

La democrazia borghese, di fatto, si è innestata nel fascismo che a sua volta si è innestato nello statuto albertino. La matrice fascista è il filo comune di tutte le leggi ordinarie, basti guardare alla vigenza attuale del codice penale (c.p.) Rocco-Mussolini, con la sua pesante eredità repressiva, dai reati associativi a quelli d’opinione. Ma anche alla pressione legale contro il proletariato immigrato, con le varie leggi Turco-Napolitano, poi Bossi-Fini, la legge Minniti del 2017, poi peggiorata da Salvini, l’istituzione di prigioni amministrative per soggetti privi di documenti, un tempo denominati Centri di Permanenza Temporanea (Cpr) e oggi Centri di Permanenza e Rimpatrio (Cpt).

La verità è che gli spazi reali di libertà politica e sociale non hanno mai coinciso con i proclami formali della Costituzione, ma dai rapporti di forza in campo tra le classi.

A fronte di tutto questo pensiamo che la difesa della Costituzione non sia il vero problema. Invece va fatta lotta ideologica per radicare e diffondere la consapevolezza che questo sistema con la sua “democrazia” non sè in grado di garantire alcuna conquista di libertà per le masse popolari e, dunque, bisogna lottare per abbatterlo in toto.

Gli strumenti della lotta al nemico interno

Elenchiamo ora brevemente alcuni di articoli di legge con cui probabilmente dovremo fare i conti nella lotta contro lo stato di guerra e le sue misure contro i lavoratori e le masse popolari poiché questa disanima torna utile per capire come la “democrazia” borghese nelle sue leggi ordinarie non abbia nulla da invidiare al fascismo.

Esempi di reati contro il disfattismo in tempi di guerra:

– disfattismo politico art. 265 c.p.: “Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate e tendenziose che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolga attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”;

– disfattismo economico art. 267 c.p.: “Chiunque in tempo di guerra, adopera mezzi diretti a deprime il corso dei cambi, o ad influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati, in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a euro 3.098. Se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero, la reclusione non può essere inferiore a dieci anni. La reclusione è non inferiore a 15 anni se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.”;

– vilipendio alla bandiera art. 292 c.p.: “Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni 2.”.

Vi sono poi i reati di istigazione, come gli artt. 414 e 415 c.p., che potenzialmente possono mettere sotto tiro ogni semplice manifestazione di pensiero avversa al potere dominante. Nel mirino ci possono essere discorsi pubblici, slogan, striscioni, volantini ecc.

Ma sono i reati associativi e il loro uso a dominare la scena della repressione politica dell’antagonismo di classe; sono i reati politici per eccellenza poiché per essere inquisiti non è necessario commettere reati, basta essere indiziati di appartenere ad una cosiddetta associazione.

I reati associativi sono usati come uno strumento di repressione preventiva poiché prevedono la carcerazione cautelare. I reati specifici, come ad esempio le occupazioni di case, non la contemplano.

Negli ultimi anni numerose inchieste per associazione a delinquere sono state intentate contro le occupazioni di case e la difesa degli sfratti, come è avvenuto ad esempio a Milano e Padova. Più volte sono stati inquisiti per associazione a delinquere anche i militanti del movimento dei disoccupati di Napoli e a fine luglio sono stati rinviati a giudizio per la stessa accusa sedici compagni del centro sociale Askatasuna di Torino, peraltro con l’aggravante “di scorrerie in armi per le campagne e le pubbliche vie”. Nello stesso periodo, la procura di Piacenza portava l’ennesimo attacco repressivo al sindacalismo di base, ponendo ai domiciliari sei militanti dell’Usb e del Si Cobas, sempre per associazione a delinquere. Senza contare le periodiche inchieste per associazione sovversiva (270 c.p.) e associazione sovversiva a scopo terroristico (270 bis c.p.) che colpiscono il movimento anarchico, comunista e ambiti islamici.

I reati associativi hanno un’applicazione da “contenitore penale” più che da individuazione della fattispecie da incriminare. Tramite essi si individuano le categorie nemiche da colpire. Si basano sul concetto della colpa d’autore, cioè sei punito per quello che sei non per qualcosa che hai fatto (perché sei ladro non perché hai commesso un furto): il diritto penale diventa tutti gli effetti diritto penale del nemico, una teoria nazista.

Vi è poi la sfilza dei “reati di piazza”, con cui si colpiscono direttamente le mobilitazioni popolari, le azioni militanti, il tenere testa agli sbirri durante le manifestazioni ecc. Si va, ad esempio, dal reato di manifestazione non autorizzata, prevista sempre dall’art. 18 Tulps, alla resistenza a pubblico ufficiale, dall’interruzione di pubblico servizio all’invasione di terreni ed edifici. Si tratta di reati la cui perseguibilità e le cui pene vengono via via aggravate dai vari “decreti sicurezza”. Ad esempio, il “decreto Salvini” del 2018 ha aggravato le pene per l’invasione di terreni ed edifici se commesso in concorso e per i “promotori ed organizzatori” (chiaro il tentativo di colpire le realtà di lotta per la casa) e lo ha incluso tra i reati per i quali possono essere svolte intercettazioni.

Tra i reati associativi e quelli “di piazza” vi è un rapporto in molte inchieste, per cui, se i primi magari non reggono in giudizio, si rivelano comunque utili a disarticolare realtà di lotta con l’utilizzo delle misure cautelari, mentre i secondi conducono più facilmente a condanne definitive anche pesanti.

Oltre a tutte le norme sopra elencate, vengono utilizzate le cosiddette misure di prevenzione, la cui particolarità è quella di avere natura amministrativa, cioè non direttamente legate alla commissione di reati, ma alla nozione di “pericolosità sociale”. Si tratta di misure che derivano addirittura dal periodo postunitario della lotta al brigantaggio, poi riprese dal fascismo e ulteriormente sviluppate dal regime “democratico” borghese. Alcuni esempi sono l’avviso orale, il foglio di via e il daspo urbano. Durante la fase “pandemica”, il daspo urbano è stato usato a piene mani per impedire ai compagni di partecipare alle manifestazioni no green pass.

Influenza e direzione Usa

Analizzando lo stile e il metodo per la costruzione della propaganda odierna contro “l’orco russo” non si può fare a meno di notare come essa abbia origini lontane fin da quando, dopo la Rivoluzione d’ottobre, uno dei principali crucci dell’imperialismo era quello di combattere la possibilità che il comunismo si diffondesse. Ripercorrendo il passato emerge anche il ruolo degli Usa, la loro influenza e i rapporti con le forze repressive e i servizi segreti in Italia, fin dallo sbarco in Sicilia avvenuto, non dimentichiamolo, con l’appoggio della mafia.

Gli interventi segreti dei governi statunitensi negli affari interni italiani dal 1943 al 1949, periodo che vide tra l’altro l’instaurazione del regime democristiano, sono tutti documentabili da quando, nel 1974, negli Usa entrarono in vigore norme liberalizzatrici sui diritti d’informazione e si poté accedere ad un archivio di decine di migliaia di documenti inediti e fino ad allora secretati, del dipartimento di Stato, della Cia e di altre agenzie governative. La documentazione raccolta riguarda anche la “centrale italiana” dei servizi strategici Usa, una rete che coprì l’Italia man mano che essa veniva “liberata” dalle truppe angloamericane, che è poi rimasta sostanzialmente intatta, con i necessari aggiornamenti fino ai nostri tempi11.

Oggi la Russia viene accusata, senza alcuna prova, di aver organizzato una presunta “rete” volta a diffondere la sua propaganda e a interferire sugli affari interni italiani mirando unicamente a criminalizzare le legittime posizioni politiche contrarie alla guerra. É da questa accusa che nascono le liste di proscrizione di giornalisti e intellettuali che non si allineano al potere. Da che pulpito!

Ricordiamo a questo proposito il Piano Demagnetize che fu un accordo segreto di intelligence stipulato nei primi anni cinquanta tra i servizi segreti degli Stati Uniti, dell’Italia e della Francia volto a depotenziare l’influenza delle forze comuniste sulla società italiana e su quella francese. E, tra il 1956 e il 1971, venne attivato dagli apparati repressivi degli Usa un programma di infiltrazione rivolto all’interno degli stessi Stati Uniti noto come Cointelpro, che si prefiggeva, attraverso l’uso di tutti i mezzi a disposizione, pubblici e clandestini, legali e illegali, la neutralizzazione dei movimenti dei diritti civili, delle organizzazioni di classe e afroamericane fra cui il Partito Comunista degli Stati Uniti, il Partito delle Pantere Nere, il Partito Socialista dei Lavoratori e il Movimento Indiano Americano. Piani controrivoluzionari da cui l’Italia trasse notevoli insegnamenti per attaccare e distruggere i movimenti di classe sorti dopo il sessantotto, a partire dalla “strategia della tensione”, con la stagione delle stragi, da Piazza Fontana (1969) alla stazione di Bologna (1980). La direzione Usa nella pianificazione di questi terribili crimini è non solo probabile, ma certa e documentata; una triangolazione tra servizi segreti statunitensi, apparati del regime democristiano e manovalanza fascista.

Costruire l’egemonia dei comunisti

Abbiamo fino ad ora analizzato come le finalità e i metodi della propaganda borghese siano mirati alla sottomissione delle masse e come entrino in campo gli strumenti del dominio quando esse mettano in discussione l’assetto egemonico. Se per la grande borghesia l’egemonia è un compendio del dominio sulla società, per il proletariato è un aspetto del processo di liberazione delle classi oppresse.

Il nostro punto di vista, da comunisti, è che la propaganda, in una società divisa in classi in lotta fra loro, sia lo strumento attraverso il quale una determinata classe diffonde la sua ideologia e il suo punto di vista tra le grandi masse, per ottenere consenso, ampliare la sua influenza, raggiungere determinati obiettivi e consolidare il suo potere. Ogni classe sociale fa propaganda per affermare le sue concezioni ed i suoi interessi economici e politici, per esercitare un’influenza sulle altre classi, per far sì che gli elementi della società adottino un’opinione ed una condotta determinata.

Anche per i comunisti la propaganda è strumento fondamentale nel loro obiettivo di rovesciare il potere dei padroni ma, al contrario di quest’ultimi, la utilizzano non per addormentare le masse, anzi per renderle coscienti e attive nella causa rivoluzionaria. Anche nel campo della propaganda va condotta la lotta alla borghesia sviluppando, la propaganda comunista.

Quale propaganda? I comunisti si propongono di dirigere la lotta di classe del proletariato e di organizzarla, tramite il partito rivoluzionario, per la distruzione del regime borghese e la costruzione di una società socialista (lotta politica). Per raccogliere le migliori forze della classe, si organizzano per partecipare alla lotta di difesa delle condizioni di vita del proletariato (lotta economica) e allo stesso tempo devono condurre costantemente la lotta per contrastare l’influenza delle classi dominanti e formare i quadri militanti comunisti (lotta ideologica). La propaganda appartiene specificatamente alla lotta ideologica, ma deve poi trovare una concretizzazione specifica anche rispetto alla lotta politica e alla lotta economica, nel senso di legarle dialetticamente sulla base della concezione comunista della società e delle sue contraddizioni. Ciò rappresenta la condizione base per sviluppare l’egemonia dei comunisti nel proletariato e nella società in generale.

Lenin distingueva tra agitazione e propaganda, la prima intesa come poche parole a molti, la seconda tante parole a pochi. Cosa significa? La propaganda va sviluppata per diffondere la concezione del regime economico e politico attuale, delle sue origini e della sua evoluzione, quindi la concezione del materialismo dialettico e l’analisi delle diverse classi, del loro antagonismo e della funzione della classe operaia in questa lotta. L’agitazione è lo strumento dei comunisti nella partecipazione a tutte le lotte e i conflitti tra la classe operaia e i padroni, per aiutarli a definire le loro rivendicazioni, a sviluppare la coscienza della solidarietà e dei loro comuni interessi, ad organizzarsi nel migliore dei modi, ad affrontare la repressione. Quindi va sviluppata sia la propaganda attraverso riviste, seminari, conferenze sia l’agitazione con volantini, manifesti, slogan e anche azioni pratiche. Entrambe queste azioni sono indispensabili come si può imparare da questo scritto di Lenin: “Nello svolgere tra gli operai un lavoro di agitazione basato sulle rivendicazioni economiche immediate, i socialdemocratici legano strettamente a queste ultime l’agitazione basata sulle esigenze politiche immediate, sull’angosciosa situazione e sulle rivendicazioni della classe operaia, l’agitazione contro il giogo poliziesco che si manifesta in ogni sciopero, in ogni conflitto tra gli operai e i capitalisti, l’agitazione contro la restrizione dei diritti degli operai, come cittadini russi in generale e come la classe più oppressa e più priva di diritti in particolare, l’agitazione contro ogni alto esponente e servo dell’assolutismo che si trovi a diretto contatto con gli operai e renda evidente alla classe operaia la sua schiavitù politica. Se nel campo economico non vi è problema della vita operaia che non possa essere utilizzato per l’agitazione economica, anche nel campo politico non vi è problema che non possa servire per l’agitazione politica. Queste due forme di agitazione sono inscindibilmente connesse tra loro nell’attività dei socialdemocratici, come le due facce di una stessa medaglia.
Sia l’agitazione economica che l’agitazione politica sono parimenti indispensabili per sviluppare la coscienza di classe del proletariato; l’una e l’altra sono parimenti indispensabili come guida della lotta di classe degli operai russi, giacché ogni lotta di classe è una lotta politica.”12.

Formare compagni per diffondere le idee e la teoria comunista partecipando alle lotte e mobilitazioni della classe operaia e del proletariato è dunque compito fondamentale per i comunisti. Oggi più che mai, poiché in questo periodo di aggravamento della crisi e di debolezza dell’egemonia borghese le menti e le orecchie dei lavoratori e di tutti i proletari sono più aperti e disponibili all’ascolto, poiché in una certa parte stanno cercando una strada per il superamento delle contraddizioni sempre più gravi di questa società. Come scrisse Gramsci “…il problema dell’identità tra teoria e pratica si pone specialmente in certi momenti storici cosiddetti di transizione, cioè di un più rapido movimento trasformativo, quando realmente le forze pratiche scatenate domandano di essere giustificate per essere efficienti ed espansive, o si moltiplicano i programmi teorici che domandano di essere giustificati realisticamente in quanto dimostrano di essere assimilabili dai movimenti pratici che solo così diventano più pratici e reali”13.

Tempi bui, tempi di guerra, ma tempi fecondi per i comunisti!


1 Vedi Antitesi n° 6 p. 55

2 Joseph Goebbels fu uno dei massimi gerarchi nazisti, dal 1933 al 1945 ricoprì il ruolo di ministro della propaganda

3 C. Sperzagni, Dalle tattiche di Goebbels alla propaganda politica dei nostri giorni, modellidicomunicazione.com

4 Tanto per citare un titolo esemplificativo: “Chi è senza green pass fa perdere ai pubblici esercizi un milione di euro al giorno”, Corriere della Sera, edizione di Torino 13/1/2022

5 Numerose statistiche indicano un aumento delle patologie cardiache in rapporto alle campagne vaccinali, l’aumento delle morti improvvise anche in fasce di età giovanili e centinaia di migliaia di effetti avversi del vaccino. L’Agenzia Italiana del Farmaco, nel dodicesimo Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini anti-Covid-19, stima un tasso di mortalità da vaccino allo 0,66 su 100 mila somministrazioni, superiore ai dati sulla mortalità da Covid in fascia d’età inferiore ai 40 anni, e l’Agenzia Europea per i Medicinali ha stimato circa 47 mila morti sospette in Europa per danni da vaccino.

6 Come nel caso del presidente dell’Emilia Romagna, Bonaccini, che nel maggio 2020 dichiarava che bisognava “scovare casa per casa i positivi” Vedi: I positivi andiamo a scovarli casa per casa. Il linguaggio da brividi di Bonaccini, reggioreport.it, 17/5/2020

7 Il Fatto Quotidiano, edizione del 12/10/2020

8 S. Turin, Coronavirus, l’Oms sulle mascherine: “Nessuna prova che servano a tutti”. Burioni: “Che delusione”, 7/4/2020.

9 Vedi Glossario p. 67

10 Secondo l’art. 18 del Tulps, i promotori di una manifestazione pubblica devono darne avviso almeno tre giorni prima al questore che può vietarla o prescriverne luoghi e tempi di realizzazione per motivi di “ordine pubblico”, il che lascia ampi spazi di arbitrio e discrezionalità.

11 Un importante libro intitolato Gli americani in Italia, di Roberto Faenza e Marco Fini, edizioni Feltrinelli 1976, analizza e ripercorre le tappe di questo processo.

12 Lenin, I compiti dei socialdemocratici russi,1897, marxists.org

13 A. Gramsci, Quaderni dal carcere, q. 15, § 22, p. 1780, Volume III, Einaudi, 1977, Torino.

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