Antitesi n.12Ideologia borghese e teoria del proletariato

La linea di massa

Il metodo di direzione dei comunisti

“Ideologia borghese e teoria del proletariato” da Antitesi n.12 – pag.70


In tutta la storia del movimento comunista, a partire da Marx sino ai giorni nostri, il problema principale che ci si è posto è come mobilitare le masse alla rivoluzione. Il movimento comunista si differenzia storicamente da altre concezioni come ad esempio il putchismo (fautore di un colpo di stato ad opera di una minoranza organizzata allo scopo), per l’aver identificato come protagoniste del processo rivoluzionario le classi. Senza il movimento reale non c’è rivoluzione, così come nel suo opposto, senza teoria rivoluzionaria il movimento reale è destinato alla sconfitta.

Come abbiamo già delineato nel numero precedente di Antitesi, sempre nell’articolo di quinta sezione, identifichiamo una dialettica fondamentale per i comunisti: il rapporto tra movimento concreto delle masse e l’elaborazione teorica. Il nesso tra questi due aspetti percorre tutta la nostra storia e lo ritroviamo all’interno di tutto il suo dibattito, così come nella genesi del movimento comunista stesso.

La stessa stesura del Manifesto da parte di Marx ed Engels fu resa possibile sostanzialmente dalla presenza delle grandi mobilitazioni di metà ottocento, dal grande protagonismo delle masse e dall’elaborazione delle esperienze caotiche e contraddittorie che quelle mobilitazioni esprimevano. Marx ed Engels raccolsero le idee radicali dell’epoca, elaborarono quelle idee utilizzando il materialismo dialettico ed elevarono il socialismo da idealismo utopistico a concezione scientifica, potendo così restituire a quel movimento un risultato concentrato e potente quale è appunto il Manifesto del Partito Comunista.

Anche la forza dell’elaborazione di Lenin, che si espresse in numerosi testi tra cui rimane fondamentale il “Che fare?”, fu possibile solo alla luce del movimento operaio e contadino russo dell’epoca e la correttezza della sua analisi si riflette nel fatto che quelle stesse masse la fecero propria, vi aderirono convintamente, assumendola come propria arma contro lo zarismo e la borghesia russa, e così la teoria divenne la fiamma che illuminava lo scenario politico e sociale e giustificava il protagonismo delle masse.

Lenin elaborando quelle esperienza pose le basi sulle quali poi Mao sistematizzerà e chiarirà successivamente (negli anni ‘30 e ‘40) il concetto della linea di massa come risultato teorico dell’esperienza pratica condotta dal Partito Comunista Cinese (Pcc). La stessa genesi del Partito Bolscevico in Russia prese le mosse dall’Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia, un organismo che si dava l’obiettivo di collegarsi più strettamente con la classe operaia e di assumerne la direzione politica. Nella sua produzione teorica possiamo vedere come la linea di massa fosse sostanzialmente già presente, basti leggere alcuni passi del saggio del 1906 La guerra partigiana per rendersene conto: “il marxismo si distingue da tutte le forme primitive di socialismo perché non lega il movimento a una qualsiasi forma di lotta determinata. Esso ne ammette le più diverse forme, e non le «inventa», ma si limita a generalizzarle e a organizzarle, e introduce la consapevolezza in quelle forme di lotta delle classi rivoluzionarie che nascono spontaneamente nel corso del movimento”1.

Lenin promosse un cambio di passo fondamentale per i comunisti dell’epoca: passare dalla sola propaganda del marxismo all’organizzazione e azione politica rivoluzionaria sulle questioni che vivevano nel concreto le grandi masse operaie. Fu lo stesso Lenin a combattere le tendenze allo spontaneismo e all’economicismo e a definire la differenza, la necessità e il ruolo del partito rispetto alla classe.

Infatti, Lenin nel Che fare? afferma che la coscienza rivoluzionaria non nasce spontaneamente dalla lotta economica, ma può essere portata alla classe operaia solo dall’esterno, cioè dall’avanguardia politica.

La linea di massa come metodo strutturato si afferma però solo con il contributo di Mao, a partire dal 1936 e in maniera più articolata nel 1943 con il testo Sui i metodi di direzione2. Mao si stava confrontando con le concezioni soggettiviste presenti all’interno del partito e che avevano causato enormi perdite alla rivoluzione cinese in quella fase. Queste concezioni errate vedevano da un lato i dogmatici e dall’altro gli empiristi. I primi, disprezzando la pratica, facevano affidamento esclusivamente sulla teoria generale, mentre gli altri al contrario facevano affidamento esclusivamente alla loro esperienza pratica soggettiva rifiutando la teoria.

Mao tornerà diverse volte e in diverse fasi sulla linea di massa e sulla relazione tra il conoscere e il fare, rispondendo di volta in volta ai vari problemi che si ponevano all’interno del partito e nella relazione di questo con le masse cinesi. La strutturazione della linea di massa come metodo di direzione è forse il prodotto teorico dell’esperienza della rivoluzione cinese che più ci è utile oggi nel nostro lavoro di comunisti.

Contrapporre la concezione leninista della coscienza rivoluzionaria portata dall’esterno, dall’avanguardia politica, alle masse operaie, formulata nel Che fare?, alla linea di massa formulata da Mao Tse Tung e dal Pcc, si rivela in realtà un inganno da filosofia scolastica. La linea di massa è infatti metodo di conoscenza e di direzione che necessariamente deve essere praticata dall’elemento soggettivo avanzato, formato teoricamente e con una capacità di pratica politica tra le masse, in sostanza dai comunisti, alla scopo di formare le masse in senso rivoluzionario e di essere a loro volta formati dalla pratica della linea di massa. La linea di massa deve innestarsi inevitabilmente sulla soggettività comunista e ne definisce il rapporto tra le masse, altrimenti “imparare dalle masse” può giustificare semplicemente l’assorbimento dell’ideologia dominante, che ovviamente tra le masse è radicata essendo sottoposte all’egemonia della borghesia. L’economicismo, il riformismo e l’opportunismo in genere amano vestirsi da “linea di massa” per giustificarsi e combattere le concezioni rivoluzionarie: la loro non è linea di massa, ma semplicemente appiattirsi sulle “masse”, cioè, in ultima analisi sull’egemonia delle classi dominanti sulle classi dominate, impedendo peraltro lo sviluppo delle spinte avanzate che provengono da quest’ultime. Come efficace sintesi del leninismo e del maoismo, possiamo dire che la linea di massa maoista definisce come deve essere portata dall’esterno alle masse la coscienza rivoluzionaria, secondo l’insegnamento fondamentale leninista.

Nel suo sviluppo storico la linea di massa e la concezione del mondo da cui discende sono state anche ampio oggetto di confronto tra l’edificazione del socialismo per come si determinò nell’Unione Sovietica e per come intese svilupparsi nella Repubblica Popolare Cinese.

Il confronto avviato da Mao prese spunto da Problemi economici del socialismo in Urss di Stalin e dal Manuale di economia politica dell’Unione Sovietica. Le sue riflessioni sono raccolte in diversi testi3. di cui consigliamo vivamente la lettura, non solo per l’interesse storico rappresentato sul modo di costruire il socialismo dopo aver preso il potere, ma soprattutto perché vi si rivela un notevole avanzamento riguardo alla concezione ed elaborazione del movimento concreto fin lì condotto da quelle prime e preziose esperienze.

Le osservazioni critiche di Mao ruotano tutte attorno alla sottovalutazione da parte di Stalin del potere delle masse e della politica. L’edificazione del socialismo per Mao non è principalmente una questione tecnica ed economica, ma essenzialmente una questione legata alla capacità delle masse di fare i passi necessari per realizzarla. Tecnica ed economia, masse e politica devono camminare di pari passo, ponendo alla testa le masse e la politica. Lo sviluppo delle forze produttive deve essere promosso tramite la rivoluzione dei rapporti di produzione. Questa è la sintesi della dottrina per l’edificazione del socialismo elaborata in Cina.

Il metodo di lavoro e di direzione della linea di massa diventa quindi di fondamentale importanza per realizzare quella sinergia dialettica tra partito e masse, indispensabile non solo nella fase della rivoluzione e della presa del potere, ma anche nella fase della costruzione del socialismo.

Se è vero che il partito ha chiaro dove vuole arrivare (il sistema comunista) è altrettanto vero che la strada per arrivarci non è svelata e deve fare i conti con il processo reale in cui le potenzialità insite nelle masse hanno bisogno di esperienza concreta per potersi svelare e concretizzare.

Essere costantemente legati ad esse, apprendere dalla loro esperienza, elaborare via via le indicazioni da dare, rifuggendo dal soggettivismo e dal dogmatismo, mettere in campo quegli avanzamenti che le masse hanno mostrato di essere in grado di realizzare, tener conto della situazione concreta delle masse, mettere la politica e non la tecnica al primo posto: questa è stata l’innovazione proposta dall’edificazione del socialismo in Cina.

In base a questa concezione e alla ferma volontà di mettere al centro dei processi reali di sviluppo le masse, si sviluppa la principale osservazione critica, verso la concezione di Stalin, di puntare tutto sullo sviluppo delle forze produttive considerando che “automaticamente” si sarebbero modificati i rapporti di produzione in una concezione materialista meccanicista più che dialettica.

Mao al contrario, nella contraddizione tra rapporti di produzione e forze produttive vede all’interno di quest’ultimi come principale il ruolo delle masse, il movimento reale verso il comunismo, la capacità creatrice delle masse che trasforma i vecchi rapporti di produzione.

Linea di massa e teoria marxista della conoscenza

“Da dove provengono le idee giuste degli uomini? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla pratica sociale e solo da questa”4.

La linea di massa riflette il processo cognitivo umano. Entrambi hanno il loro campo di ricerca e di applicazione nella pratica sociale. Definiamo pratica sociale la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica. Questi tre campi sono il terreno sul quale l’essere umano sviluppa il proprio pensiero e il proprio campo delle idee, la propria concezione del mondo. La conoscenza muove i suoi passi a partire dalla percezione empirica della realtà oggettiva che lo circonda. Vista, udito, tatto, gusto e odorato sono gli strumenti con il quale si accumulano sensazioni di ciò che accade attorno a noi. Accumulate abbastanza percezioni, fatto pratica della realtà che ci circonda avviene un salto, la conoscenza percettiva diventa conoscenza razionale: quanto abbiamo appreso dalla nostra percezione empirica viene elaborato dallo spirito soggettivo, questa è la prima fase dell’intero processo della conoscenza. In questa fase però noi non sappiamo ancora se lo spirito soggettivo, se l’elaborazione razionale della percezione empirica riflette correttamente le leggi del mondo oggettivo esterno, non sappiamo ancora se ciò che pensiamo sia giusto o pure no.

Come facciamo a verificare le nostre teorie, i nostri pensieri? Segue la seconda fase del processo conoscitivo, quello che dallo spirito soggettivo ritorna alla materia, alla pratica sociale, nel quale si applica la conoscenza acquisita nella prima fase e si verifica se quanto compreso dalla conoscenza razionale corrisponde al vero oppure no.

Non vi sono altri mezzi per provare la verità delle nostre riflessioni e analisi che non sia la pratica. Questo implica che ogni sconfitta ed ogni errore devono essere imputati in primo luogo a se stessi e vi deve corrispondere la critica e la rettifica, la messa in discussione del pensiero così come è stato elaborato e il ritorno quindi al punto di partenza del processo. Ovviamente questo non avverrà alle stesse condizioni di prima, ma sarà più forte e cosciente grazie al riconoscimento degli errori.

Il processo conoscitivo è costituito da due movimenti fondamentali: uno che va dalla materia allo spirito, dalla realtà oggettiva al pensiero soggettivo (potremmo dire anche dalla pratica alla teoria), e un altro movimento che segue la strada contraria, dalla teoria alla pratica, dal pensiero soggettivo alla realtà oggettiva, dallo spirito alla materia.

Per i marxisti quindi non esiste una conoscenza che non sia legata alla pratica, una teoria slegata dalla pratica rivoluzionaria è priva di oggetto, così come una pratica rivoluzionaria che non è guidata da una teoria è cieca e inutile.

Se la teoria marxista della conoscenza ci spiega da dove provengo le idee e le conoscenze in generale, in che modo questo si lega alla linea di massa per diventare fondamento prezioso dell’attività politica militante di ogni comunista? Come abbiamo detto il punto di partenza e soprattutto di arrivo della conoscenza è la pratica, questo perché parafrasando Marx, ai filosofi spetta il compito di spiegare la realtà, a noi quello di trasformarla. Per questo per cambiare la realtà, per fare la rivoluzione, i comunisti hanno bisogno del partito. Il partito, essendo sintesi di pratica e teoria, ha il compito di dirigere la rivoluzione, di essere alla testa di un movimento rivoluzionario che non comprende solo se stesso in quanto soggetto, bensì assume che la rivoluzione la fanno le masse e i popoli. Le masse e solo le masse popolari possono fare la rivoluzione e sono in grado, grazie al ruolo svolto dal partito, di trasformare la società nella quale vivono.

Partendo da questa definizione (che può per certi versi apparire scontata) si devono affrontare le implicazioni che ne derivano in merito al rapporto che lega i comunisti organizzati e le masse e soprattutto le deviazioni di vario genere conseguenti ad una errata applicazione e comprensione della linea di massa.

Per i comunisti le idee corrette che guidano l’azione possono provenire esclusivamente dalle masse o meglio dall’esperienza che le masse accumulano nella loro pratica quotidiana, ad esempio nella lotta di classe, nelle battaglie sindacali, nell’occupazione delle scuole, nei comitati di difesa del territorio, nelle mobilitazioni contro la guerra imperialista ecc. In tutte le battaglie di resistenza che le masse mettono in campo per difendersi dal capitalismo e dalla sua barbarie, i proletari, gli operai, gli studenti, ecc. acquisiscono esperienze, formulano idee, ragionamenti ed è lì che prende avvio la prima fase del nostro rapporto con le masse. Partecipiamo ai cortei, alle manifestazioni, alle assemblee, siamo attivi e propositivi nei movimenti delle masse, facciamo volantinaggi, partecipiamo alle azioni che questi movimenti decidono di mettere in campo. Questa è la pratica a partire dalla quale noi facciamo inchiesta, raccogliamo informazioni, cerchiamo di percepire quali sono le leggi del movimento delle masse. Le nostre concrete esperienze di partecipazione attiva nei movimenti di massa sono i nostri occhi e le nostre orecchie e contribuiscono alla percezione che noi abbiamo della realtà che ci circonda e con la quale ci relazioniamo. Ovviamente la percezione di per sé non basta. Qualsiasi serio lavoro di inchiesta non parte solo dal voler conoscere in generale, accumulare sapere fine a se stesso, ma bensì come abbiamo detto, noi vogliamo trasformare questa società, non vogliamo solamente descriverla, diventando sociologi eruditi sui movimenti di massa. Per questo motivo l’inchiesta e la pratica che noi sviluppiamo tra le masse devono sempre essere finalizzate ad uno scopo, ad uno obiettivo, ad una domanda alla quale vogliamo rispondere, ad un problema da risolvere. Non basta quindi la partecipazione attiva ai movimenti di massa, ma essa deve essere finalizzata alla ricerca della soluzione dei problemi che si sono posti nello sviluppo del nostro lavoro di partito, e in assenza di quello, di organizzazione dei comunisti o anche di singolo compagno comunista che opera in un determinato settore o in un determinato luogo.

Come nel movimento che guida la teoria marxista della conoscenza, le informazioni e le idee raccolte vanno razionalizzate e sistematizzate. Le percezioni, tutto quello che abbiamo imparato nel rapporto con le masse, le idee confuse che emergono, devono essere raccolte, analizzate e studiate, discusse dai compagni e dall’organizzazione. L’elaborazione deve essere funzionale ad uno scopo e non fine a se stessa, deve servire a rispondere ad una domanda che ci siamo posti all’inizio e che grazie al rapporto con le masse trova una risposta. Ovviamente non è detto che troviamo subito le risposte che cerchiamo, per cui fintanto che non acquisiamo le informazioni necessarie, non possiamo passare all’elaborazione di queste perché il risultato sarebbe parziale e non riusciremmo ad avere invece quella visione complessiva per passare alla seconda fase del processo.

L’ultimo passaggio di questo processo è quello che torna alle masse e si rivolge a loro in quanto soggetto protagonista della rivoluzione e della trasformazione sociale.

L’importanza di quanto detto fin’ora va compreso fino in fondo. Se noi vogliamo sviluppare la teoria rivoluzionaria, questa potrà essere sviluppata solo a partire dalla pratica rivoluzionaria delle masse. Il rapporto dialettico tra partito e masse, grazie alla linea di massa, si configura come un rapporto nel quale i due poli si modificano. Le masse da un lato, grazie al ruolo svolto dal partito, vengono organizzate e acquisiscono maggiore coscienza della propria condizione e diventano protagoniste nella lotta per trasformare la società; dall’altro il partito, educato dalle masse, cresce e riesce ad essere realmente al servizio dei loro interessi strategici proprio perché si pone in grado raccoglierne gli insegnamenti che provengono dalla loro pratica.

Le tre componenti della linea di massa

Dalle masse alle masse5

Con queste quattro parole Mao ha sintetizzato in uno slogan la linea di massa, ma come abbiamo visto precedentemente, se vogliamo seriamente maneggiare questo strumento, dobbiamo approfondirlo e capirne i vari aspetti.

In una ulteriore specificazione definiamo la linea di massa come un metodo composto da tre azioni: raccogliere-elaborare-riportare. Come vediamo queste tre azioni sposano la teoria marxista della conoscenza, secondo lo sviluppo prassi-teoria-prassi. Prima di addentrarci però è bene sottolineare che la linea di massa e la sua applicazione iniziano a partire dall’obiettivo che ci poniamo, dal quesito o problema che dobbiamo risolvere. Diciamo che in termini generali il nostro obiettivo è fare la rivoluzione, tutti gli altri obiettivi, quesiti e problemi sono direttamente o indirettamente sussidiari a questa questione generale. Costruire un collettivo, mettere in piedi uno strumento di propaganda, fare agitazione in una scuola, andare in piazza su un certo tema, organizzare un settore o un gruppo su questa o quella contraddizione, curare la crescita del quadro politico, ecc.

La chiarezza nell’obiettivo che ci si pone, il dove si vuole andare a parare, è fondamentale, senza questo è impossibile qualsiasi avanzamento di sorta. Su questo bisogna essere molto chiari.

Raccogliere le idee delle masse

La prima domanda che ci viene in mente quando leggiamo questa definizione è probabilmente: le idee di quali masse dobbiamo raccogliere? Ma anche: chi sono le masse? D’altronde se prendessimo qualsiasi dizionario per masse si intende genericamente il popolo, la gente comune. I comunisti con il termine masse identificano invece un preciso referente: sono tutte quelle classi o sezioni di classe che hanno un interesse oggettivo e/o soggettivo nel superamento progressivo dell’attuale ordinamento economico e sociale. Per capirci con alcuni esempi possiamo includere in questo termine il proletariato, ma anche gli studenti, le minoranze oppresse, la piccola borghesia…

Bisogna tener conto che il termine masse non è statico ma è in movimento a seconda della fase e delle condizione oggettive.

Tutti quelli che non fanno parte delle masse stanno dall’altra parte della barricata, sono il nemico, il quale comprende principalmente la classe dominante, che esercita il potere e l’egemonia ovvero nella nostra situazione la borghesia imperialista italiana, nonché tutte le classi e le strutture che sono oggettivamente funzionali a tale potere ed egemonia, come la grande borghesia burocratica.

Poco importa se le masse per lunghi periodi non sono coscienti della propria condizione o non sono protagoniste attive della lotta di classe, ciò che importa è il posto che esse occupano nella società in rapporto ai mezzi di produzione e all’apparato dello Stato borghese.

Rispetto alla definizione che abbiamo dato di masse, va chiarito ora, che raccogliere le idee delle masse non significa raccogliere le idee di tutti. Anzi, a noi comunisti interessano le idee che esprimono la visione più avanzata delle masse. Facciamo un esempio. Per raccogliere le idee e le esperienze della classe operaia, ci rivolgiamo principalmente alle sue espressioni più avanzate che in Italia sono rappresentate dalle lotte della logistica o dagli operai della Caterpillar e di Gkn, ecc; per fare inchiesta nel mondo studentesco altresì cercheremo di rapportarci con i collettivi già in piedi o con quegli studenti che fanno discorsi avanzati rispetto agli altri, andremo ai cortei e laddove si manifesti una coscienza più sviluppata rispetto al resto del corpo studentesco, ecc.

Le masse non sono qualcosa di omogeneo, anzi al contrario, al suo interno convivono le idee più diverse, contraddittorie e spesso reazionarie, vi risiedono diversi livelli di coscienza politica e atteggiamenti diversi rispetto alla lotta di classe.

Il nostro compito è quindi prima di tutto comprendere quale sia l’avanzato, rispetto all’arretrato e all’intermedio, cioè quale è la sinistra, la destra e il centro. Questa divisione non va vista in maniera idealistica e statica, ma dobbiamo sempre tener presente che la realtà è in movimento per cui quello che oggi è arretrato può avanzare e l’avanzato può arretrare. Aver chiarito che le masse non sono qualcosa di omogeneo e uniforme ci dà il là per dire che la linea di massa è possibile proprio in virtù della presenza tra le masse di idee avanzate, anche se lo sono in una piccolissima parte, e che inoltre è necessaria proprio perché queste idee inizialmente sono minoritarie tra le masse e devono essere raccolte, elaborate e fatte conoscere, affinché vengano fatte proprie dalle larghe masse. Al contrario se le masse fossero avanzate in maniera omogenea la linea di massa sarebbe inutile, e se invece fossero tutte arretrate essa sarebbe di fatto impossibile.

All’interno di ogni settore di massa e di classe dobbiamo quindi cercare di capire quali sono le idee avanzate e rapportaci concretamente con chi ne è portatore. Rivolgersi a loro per fare inchiesta, per raccogliere tramite loro le idee avanzate. In questo senso il lavoro di inchiesta è anche un lavoro di tipo organizzativo. Nell’ambito delle inchiesta maturiamo rapporti che poi possiamo ripercorrere nel secondo movimento, quando ritorniamo tra le masse con le idee elaborate. Per inchiesta noi intendiamo fare pratica con le masse, stare con loro e lottare con loro. Fare inchiesta significa essere parte attiva e protagonisti delle lotte di resistenza che le masse mettono in campo. Discutere, ragionare, con uno stile umile e aperto alle idee che vengono espresse, è una precondizione per condurre un’indagine rigorosa e attenta. Non dobbiamo avere fretta, ci può volere tanto tempo per capire come risolvere un problema o raggiungere un obiettivo, può essere necessario tornare più volte a fare inchiesta su una data questione finché non si raggiunge lo scopo.

Elaborare le idee delle masse

Mao in diversi scritti ha paragonato il partito a una fabbrica di trasformazione. Il suo compito è prendere le materie prime è lavorarle per produrre la linea politica e organizzativa che risponde agli interessi effettivi delle masse. Nella società borghese l’interesse generale ed ultimo delle masse può essere risolto esclusivamente dalla rivoluzione, per cui consideriamo come valide le idee che spingono e possono far avanzare in questa direzione. Le masse però esprimono anche e soprattutto interessi immediati e quotidiani, problemi concreti che assumono principalmente la forma della lotta economica. Solo in una fase avanzata del movimento rivoluzionario le masse sono portate a esprimere idee chiaramente rivoluzionarie. Questo significa che in una fase come quella attuale, nella quale non c’è un movimento rivoluzionario, ma vi sono diverse forme di resistenza, dobbiamo raccogliere le parti più avanzate di queste. L’elaborazione deve essere fatta alla luce dell’obiettivo generale, della rivoluzione. Per questo scopo dobbiamo sconfiggere le idee sbagliate messe in circolazione tra le masse dalla vulgata revisionista che punta invece mettere in contraddizione il rapporto tra interesse immediato delle masse e interesse generale, elaborando gli interessi immediati delle masse in funzione di uno sbocco riformista. Per i rivoluzionari infatti è vero il contrario. La lotta sugli interessi immediati deve essere messa in relazione all’interesse strategico alla rivoluzione e al cambiamento del sistema.

L’elaborazione deve essere fatta a partire dagli strumenti della nostra concezione del mondo, quella marxista, proprio perché il nostro obiettivo principale in questo momento è raccogliere forze per rovesciare e non per risolvere le iniquità del capitalismo.

Alcuni aspetti considerati con la logica formale (non dialettica) possono sembrare in contraddizione tra di loro: il fatto che la linea corretta derivi dalle masse, che la linea corretta sia in accordo con il marxismo e che la linea corretta debba essere basata su elementi oggettivi. Tuttavia questi aspetti trovano coerenza con la logica dialettica (che considera l’unità degli opposti dentro il processo di tesi, antitesi e sintesi), in questo caso con il metodo dialettico della linea di massa, grazie alla quale il nostro pensiero e il nostro agire possono trovare coerenza e correttezza (dentro il processo di critica, autocritica e rettifica). Ad esempio, bisogna capire che affermare “la linea corretta deriva dalle masse” significa che il compito dell’avanguardia comunista è sempre quello di elaborare le idee delle masse, anche quando sono sbagliate, per capire come mettere in campo una linea politica che consenta l’avanzamento generale delle masse.

Riportare le idee elaborate alle masse

I primi due passi precedenti acquisiscono valore nella restituzione della linea politica alle masse, come qualcosa da attuare nel concreto. Come nella teoria della conoscenza, la parte conclusiva deve tornare alla pratica, ci deve dare qualcosa da fare, da promuovere, deve metterci nuovamente in relazione con il movimento reale. La linea non si riporta con le dichiarazioni, esclusivamente con la propaganda o con enunciazioni di slogan.

Se come abbiamo detto all’inizio le masse sono artefici della storia, allora vien da sé che sono loro il referente e l’utilizzatore della linea elaborata, anche perché in alternativa, se nessuna linea viene restituita alle masse, l’attività spontanea proseguirà senza alcun indirizzo e nessuna guida da parte dei comunisti, lasciando il movimento reale al buio.

La linea deve essere applicata ed applicabile. Quanto più è corretta, più facile sarà la sua applicazione, sia all’interno dell’organizzazione comunista che la promuove, sia tra le masse. Una linea che non trova applicazione non è corretta, una linea che non produce entusiasmo tra le masse non è corretta, una linea che non è comprensibile alle masse non è corretta.

Per questo motivo, riportare la linea, è fondamentale per verificarne la correttezza, capire se funziona davvero e in che misura, ciò significa che questo passaggio restituisce a noi stessi la misura di quanto stiamo lavorando bene, oppure se il nostro lavoro merita una rettifica.

Ovviamente non possiamo aspettarci che le “larghe masse” pendano dalle nostre labbra e se non c’è coinvolgimento significa che stiamo sbagliando qualcosa. Per riportare la linea dobbiamo seguire le stesse indicazioni che abbiamo seguito nella fase dell’inchiesta. Inizialmente prenderemo a riferimento la parte più avanzata e cosciente della classe, gli elementi più attivi, coloro che ci hanno fornito gli elementi per elaborare la linea. Portare la linea alle masse significa sperimentare e come ogni esperimento parte da un piccolo campione, quello più adatto allo scopo e sulla base dei risultati ottenuti può essere allargato e infine compreso come linea avente valenza generale.

La linea di massa può essere definito un metodo ricorsivo, ovvero, una tecnica che si basa sulla ripetizione ciclica e continua di una serie di operazioni, e che prosegue sfruttando i risultati dei passaggi precedenti, iniziando dal più piccolo e semplice per arrivare al più grande e complesso.

Linea di massa e organizzazione

Compreso il funzionamento della linea di massa possiamo coglierne gli aspetti utili nei suoi risvolti organizzativi e contrastare le deviazioni che invece evidenziano un errato utilizzo. Possiamo definire le principali deviazioni della linea di massa in due grandi blocchi. Il primo è quello ‘di destra’ che percorre solo la prima metà del processo, quindi raccoglie dalle masse senza elaborare, in questo caso il risultato è quello che, dal punto di vista ideologico, è stato definito nella storia del movimento comunista internazionale “economicismo” (che è empirismo sotto il profilo filosofico e spontaneismo sotto il profilo organizzativo) che, come considera Lenin nel Che fare?, lascia il movimento sotto l’influenza egemonica dell’ideologia borghese. In questo campo rientrano ad esempio coloro che schiacciano il piano dei contenuti su quello che le masse elaborano spontaneamente e senza arricchirlo della concezione del mondo dei comunisti. Il limite principale in questo senso è che senza un apporto teorico rivoluzionario e senza l’organizzazione rivoluzionaria, il movimento delle masse, per quanto anche conflittuale e determinato, si risolverà o nella sconfitta o nel recupero da parte del riformismo. Dal punto di vista organizzativo questa deviazione confonde tutti gli ambiti, senza differenziare tra ambiti comunisti e ambiti proletari, schiacciando tutto in basso a favore del massimo orizzontalismo.

L’altra grande deviazione è quella che invece percorre solo la seconda parte del processo, non raccoglie nulla dalle masse e cerca soluzioni solo all’interno del patrimonio marxista. Per quanto questa deviazione venga etichettata come ‘di sinistra’, per differenziarla da quella precedente ‘di destra’, proprio in virtù del fatto che riconosce l’importanza del marxismo nel processo rivoluzionario, essa non è meno innocua, anzi è alla base del dogmatismo dal punto di vista dei contenuti e del settarismo sotto il profilo organizzativo (bordigismo, trotskismo ecc.). Ne consegue ad esempio il ricorso stereotipato a slogan e parole d’ordine che ad esempio non sono applicabili o risultano incomprensibile anche agli elementi più avanzati della classe. In questo caso il problema principale è che i dogmatici pensano di sapere già tutto e che quindi dalle masse non ci sia nulla da imparare e con ciò le privano del ruolo protagonista nella lotta rivoluzionaria.

Sia per Lenin e soprattutto per Mao la battaglia contro le deviazioni è fondamentale per lo sviluppo di una teoria rivoluzionaria e in dialettica di un movimento rivoluzionario. La lotta ideologica sviluppata al nostro interno è essenziale per la formazione di un quadro comunista in grado di guidare e dirigere le masse ed è altrettanto essenziale perché le masse acquisiscano una linea che le rafforzi nella lotta contro la classe dominante.

Per questo motivo la linea di massa ha un riflesso non solo verso l’esterno del partito o dell’organizzazione di comunisti ma anche verso il suo interno. Lo stesso procedimento che abbiamo fin’ora descritto di raccogliere-elaborare-riportare deve essere di guida anche nei nostri ambiti. Se infatti il partito è la parte più avanzata, organizzata e cosciente della classe e delle masse popolari è altrettanto vero che che in esso, come accade all’interno della classe, risiedono linee e visioni differenti riflesso dello scontro tra l’ideologia della classe dominante, che estende la sua influenza anche su di noi, e l’ideologia del proletariato. Questo non significa cadere nelle semplificazioni del purismo da setta, significa invece che anche all’interno degli ambiti comunisti e del partito va portata avanti la linea di massa a tutti i livelli, da quelli più alti a i livelli più bassi dell’organizzazione: dal livello della dirigenza a quello della partecipazione militante.

La sintesi del rapporto tra direzione e l’insieme degli aderenti per i comunisti è rappresentata dalla dialettica tra centralismo e democrazia. Quando noi parliamo di centralismo intendiamo centralizzare le idee corrette; le idee sono poi incarnate da donne e uomini in carne ed ossa ovviamente, ma la questione di partenza è che per centralizzare le idee corrette bisogna che all’interno dell’organizzazione ci sia il massimo della democrazia, ovvero che ognuno si senta libero di dire quello che sente dentro, anche la propria rabbia e le proprie critiche. Senza democrazia non ci può essere centralismo e senza centralismo non ci sarebbero decisioni e non ci sarebbe nemmeno l’elaborazione di una linea.

Da questo punto di vista la democraticità del partito riflette il rapporto con le masse, dal quale raccogliere le idee. Per Mao infatti nella dialettica tra centralismo e democrazia l’aspetto principale è la democrazia, proprio perché rappresenta la linfa e la base sulla quale costruire il centralismo. Solo a partire da questa democrazia si possono raccogliere le idee della sinistra, quella più avanzata e protagonista, conquistare il centro, coloro che sono indecisi, e isolare le idee di destra, la parte arretrata, che tira indietro al nostro interno.

Brandire la linea di massa al servizio della rivoluzione

Provando a raccogliere quanto scritto finora ne deriva che uno dei compiti dei comunisti è organizzare le masse per la rivoluzione. Abbiamo detto che il metodo della linea di massa ci viene in soccorso per capire come sviluppare questo obiettivo. Perché vi sia movimento rivoluzionario, le masse devono imparare tramite la propria esperienza e convincersi a partire dal proprio quotidiano che l’unica alternativa alla barbarie e alla miseria che vivono è la rivoluzione. Per fare questo il nostro compito è organizzarle, sotto varie forme, sulla base dei loro interessi concreti, all’interno di ambiti nei quali possano, da protagoniste, fare scuola di comunismo.

All’interno degli ambiti di massa, il nostro compito sarà quello di risvegliare politicamente le masse e farle familiarizzare con la politica rivoluzionaria, con la necessità della presa del potere e del rovesciamento violento del capitalismo. Le organizzazioni di massa e il lavoro tra le masse deve in ultima analisi essere funzionale all’accumulare forze per lo scontro rivoluzionario. Ovviamente questo compito deve essere assunto in forma non meccanica e stereotipata, ma sulla basse dell’analisi concreta della situazione concreta nella quale si opera.

Questo aspetto è quello che va preso maggiormente in considerazione. Le forme di organizzazione e le forme di lotta che le masse assumono differiscono a seconda delle condizioni concrete esistenti nei posti di lavoro e nel territorio e si modificano nel tempo. Bisogna partire dal presupposto che non vi è staticità, ma è tutto in continuo cambiamento e come tale dobbiamo coniugare la massima flessibilità organizzativa con il massimo della fermezza negli obiettivi. Questa è la caratteristica più importante che dovremmo tenere in considerazione nello sviluppare l’intervento di massa. Se non adottiamo un approccio dialettico alle forme di lotta e di organizzazione siamo destinati a fallire nella promozione di efficaci organismi e movimenti di massa.

Quanto detto fin’ora ci serve per dotare di un approccio scientifico il nostro agire politico. Scientifico perché, come esposto nel testo, la nostra prassi riflette, coscientemente o no, il nostro modo di pensare. Se noi ci avvaliamo del materialismo dialettico e della teoria marxista della conoscenza per comprendere al meglio la realtà che ci circonda, alla stessa maniera dobbiamo imparare ad usare la linea di massa per agire in quella stessa realtà.

Imparare a risolvere le questioni con questo metodo non è semplice e non è nemmeno un esercizio di stile. In realtà applicare la linea di massa significa formarsi come quadri dirigenti comunisti.

Come redazione di Antitesi, pensiamo che questo sia fondamentale nella fase attuale. Agire da partito per costruire il partito ha il senso che ognuno di noi, ogni singolo compagno, deve muoversi come se fosse già un militante del partito, con un obiettivo chiaro: costruire le condizioni per la costituzione del soggetto rivoluzionario. Per questo motivo, ogni compagno rappresenta il partito e deve muoversi come se ci fosse, anche se il partito è ancora un obiettivo da conseguire.

La tendenza alla guerra e l’avvitarsi della crisi avranno un impatto forte e repentino nella vita delle masse. Già con la “pandemia” abbiamo visto attorno a noi svilupparsi movimenti al cui interno si riflettono interessi di classi diverse; i repentini mutamenti di fase possono portare ad una accelerazione straordinaria del protagonismo e dell’attività delle masse. La scommessa è se noi saremo in grado di essere alla testa e dirigenti, o se staremo alla coda del movimento reale, se sapremo elaborare una teoria rivoluzionaria e costruire il soggetto della rivoluzione o se, persi nelle nostre deviazioni, rimarremo staccati dal movimento delle masse, non potendo così tracciarne il solco rivoluzionario.

I comunisti hanno un grande patrimonio il marxismo-leninismo-maoismo, la teoria elaborata lungo la storia del movimento comunista internazionale. Dobbiamo imparare ad appropriarcene e rivisitarla alla luce dei nostri compiti attuali per utilizzarla al fine di assolverli.


Note:

1 Lenin, Opere Complete, vol. 11, p. 194, Editori Riuniti, 1962

2 Mao Tse Tung, Scritti scelti, vol. 4, p. 161, 1941-1945, Edizioni Rinascita, 1956

3 Si tratta principalmente di Annotazioni a “Problemi economici del socialismo nell’Urss di Stalin” (1958), Su “Problemi economici del socialismo nell’Urss di Stalin” (1958), Note di lettura del “Manuale di economia politica” (1960), tutti reperibili nelle Opere di Mao Tse Tung, rispettivamente nei volumi 17,18,19, Edizioni Rapporti Sociali, 1993

4 Pcc, I dieci punti, in Opere, op. cit., volume 20, p. 69

5 Mao Tse Tung, Alcune questioni riguardati i metodi di direzione, in Opere, Vol. 8, p. 211, op. cit.


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