Antitesi n.12Editoriale

La variante della guerra

“Editoriale” da Antitesi n.12 – pag.3


Siamo in guerra, una guerra in Europa.

La Russia il 24 febbraio 2022 ha iniziato l’offensiva in territorio ucraino, adottando il principio secondo cui la miglior difesa è l’attacco. Infatti, l’imperialismo russo con questa mossa vuole contrastare l’accelerazione e l’aggressività dell’espansionismo militare ad est della Nato. L’imperialismo Usa, in decadenza, per mantenere la sua posizione dominante ha seminato continuamente guerre in ogni angolo del mondo ed oggi è il principale artefice dell’aggravarsi della prospettiva della guerra mondiale.

Le contraddizioni interimperialiste stanno precipitando e sono giunte sul piano dello scontro militare. Questo avviene dopo il golpe del 2014 in Ucraina con l’instaurazione di un governo sostenuto da formazioni filonaziste e promosso dagli Usa come proprio fantoccio. Un governo che, da allora, ha attuato una politica genocida verso le popolazioni del Donbass, che combattono da otto anni sotto i bombardamenti e gli attacchi delle forze armate del governo fascista di Zelensky.

Questi tragici avvenimenti non sono un fulmine a ciel sereno. È la crisi strutturale del sistema capitalista che ha portato all’inasprimento delle contraddizioni tra i diversi imperialismi che, se finora si erano manifestate e gestite con misure economiche o interventi militari nelle aree di interesse della periferia, ora riesplodono in una guerra proprio in Europa, ripetendo in maniera più allargata scenari che hanno visto la devastazione della Jugoslavia, dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Siria…

La guerra è la soluzione estrema che le singole borghesie imperialiste attuano per scaricare sulle altre la crisi di sovraccumulazione di capitali. La borghesia imperialista europea è “il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro” e si subordina remissivamente ai disegni dell’amministrazione Biden che ha demonizzato il mostro russo per rinsaldare la gerarchia imperialista sotto il suo comando e declinarla in funzione anticinese e antirussa, tenendo al guinzaglio un’Europa priva di una sua linea strategica. Gli Usa tentano così di scaricare la loro crisi, sono infatti davanti al baratro della recessione con l’inflazione alle stelle.

Si apre una nuova era: nello sfondo lo scenario della guerra mondiale e la nuova divisione, già in atto, dei mercati e delle catene del valore. Un’epoca nella quale la contraddizione interimperialista e quella tra potenze e popoli oppressi si contendono il primato. Sono infatti incessanti anche le resistenze dei popoli ai loro dominatori come in Palestina e, ultimamente, si è manifestata con forza anche la ribellione in Corsica contro l’imperialismo francese. La stessa resistenza del Donbass incarna la contraddizione tra imperialismo e popoli oppressi nello specifico scenario ucraino.

Cosa succede invece in Italia? È stata la prima a mettersi l’elmetto dichiarando lo stato d’emergenza guerra, stanziando fondi, aumentando le spese militari portandole al 2% del Pil, inviando armi e uomini in Ucraina, allertando le forze armate con la circolare dello Stato Maggiore dell’Esercito del 9 marzo e con l’ampio utilizzo delle basi Nato che infestano i nostri territori.

Le conseguenze di questa scelta stanno già ponendo l’urgenza di una ridefinizione dell’agenda dell’intervento del governo, in primis quello sulla transizione ecologica. Il capitalismo in salsa green passa decisamente in secondo piano, con la fame di energia e la dichiarata volontà di indipendenza dalle materie prime del nemico russo, paventando il ritorno al nucleare ed al carbone.

Con l’inflazione che galoppa e sotto l’aumento dei costi delle materie prime, la strombazzata sulla ripresa economica dopo l’uscita dalla “pandemia” perde tono, ma gli aumenti ricadranno pesantemente sulle condizioni di vita delle masse popolari. Il processo inflattivo era già in atto, un dato tipico di ogni fase di politica finanziaria espansiva come è stata quella della Bce con il Quantitative easing e con il Recovery fund. Ora le politiche speculative dei gruppi monopolistici gestori delle materie prime energetiche, accentuate dalla guerra, fanno carta straccia delle aspettative degli economisti borghesi in tema di inflazione e carovita.

I costi della guerra dei padroni, come sempre è avvenuto, li pagheranno i lavoratori e le masse popolari; i rincari porteranno ad un impoverimento reale dei salari e degli stipendi dei lavoratori e delle lavoratrici già tartassati da questo governo e da tutti i precedenti, sottoposti a un ulteriore restringimento dei diritti durante la “pandemia” e, in molte aziende, sotto minaccia di licenziamenti di massa causa chiusure e ristrutturazioni.

Il governo Draghi con l’”emergenza sanitaria” aveva già imposto uno stato di guerra interno che ha permesso un uso massiccio e ingiustificato di vecchi strumenti di controllo e repressivi per inibire ogni possibile insorgenza sociale, e ne ha forgiati di nuovi, come il green pass. Ora si passa da un’emergenza a un’altra con continue forzature da parte del governo nella gestione dello Stato, come si è visto con l’esautorazione totale del parlamento e della legalità costituzionale attraverso la decretazione d’urgenza e i famigerati Dpcm. Questa è un’ulteriore dimostrazione della necessità della classe dominante, in crisi di egemonia, di centralizzare e blindare l’esercizio del potere in mano all’esecutivo per gestire la fase politica attuale mantenendo la pace sociale. Per farlo ricorre alla mobilitazione reazionaria: durante la pandemia tentando di mettere masse contro masse attraverso la propaganda di Stato e la stigmatizzazione di ogni dissenso, creando il nemico no-vax e con atti repressivi in stile cileno; oggi con la propaganda di guerra e mettendo all’indice ogni voce contraria. Questa classe politica dirigente, alla testa i guerrafondai del Pd e satelliti vari (Do you remember Jugoslavia? e il trafficante d’armi D’Alema), cerca anche una sua linea di massa per avere consenso alla criminale decisione di inviare armi e uomini alla ‘resistenza ucraina’ e punta a trasformare il movimento per la pace in movimento a sostegno della guerra. Vorrebbe portare il movimento contro la guerra su posizioni russofobe, in realtà a difesa degli interessi delle potenze imperialiste aderenti alla Nato: l’ipocrisia qui raggiunge il massimo, la propaganda per la guerra si maschera da pacifista.

Durante la cosiddetta emergenza sanitaria, i portuali di Trieste e molti altri lavoratori di grosse aziende avevano battuto un significativo e rincuorante colpo con le loro mobilitazioni utile a rafforzare il movimento di opposizione al governo nel nostro paese. Oggi i lavoratori portuali di Genova e quelli aeroportuali di Pisa stanno battendo altri colpi, contro la spedizione di armi in Ucraina. Fatti questi che rafforzano il vero movimento contro la guerra in Italia che non è mai morto, come dimostrano le manifestazioni di questi giorni in Sicilia contro il Muos e la base aerea di Sigonella.

Che fare come comunisti in questa situazione?

Come diceva il compagno Mao quando c’è la guerra è da lì che si deve partire per ogni analisi e per ogni azione da intraprendere. La mobilitazione contro la guerra imperialista diviene quindi il principale terreno di scontro con il nemico di classe. Sappiamo bene, ce l’ha ampiamente dimostrato la storia, che l’unico vero ostacolo alla guerra imperialista è la rivoluzione: è accaduto con la Comune di Parigi che fermò la guerra franco-prussiana e con la Rivoluzione d’Ottobre che fermò la Prima Guerra Mondiale. Queste parole sembrano roboanti di fronte alla situazione del movimento di classe in Italia, ma questa è la strada.

Dobbiamo saper cogliere l’occasione della guerra per ricostruire la nostra forza in dialettica con la forza delle masse.

Nel campo delle masse è nostro compito promuovere e partecipare ad ogni lotta contro la guerra: nei posti di lavoro, nelle scuole dove l’esercito fa lezione, nell’università dove si sviluppa la ricerca bellica e nei territori. Questa forza va unita alle mobilitazioni contro le basi e le strutture della Nato in Italia. Dobbiamo inoltre promuovere e sostenere l’organizzazione delle masse popolari per rispondere al carovita e alla repressione del dissenso.

In estrema sintesi se vogliamo ottenere risultati nell’ostacolare lo sviluppo della guerra imperialista, dobbiamo lottare contro il nostro imperialismo, contro il governo dell’atlantista Draghi e di tutte le forze politiche che all’unisono lo sostengono, appoggiando i popoli che resistono all’aggressione della Nato, a partire dalle eroiche masse antifasciste del Donbass.

Sta a noi comunisti lavorare con quei settori della classe operaia, delle masse popolari, dei giovani, delle donne e degli studenti che più si sono dimostrati attivi contro le politiche governative e contro lo sfruttamento, per costruire, contro la variante della guerra, la variante della mobilitazione rivoluzionaria e farla diventare dominante.

Nel nostro campo, quello comunista, dobbiamo innanzitutto colmare il ritardo nella costruzione di un’organizzazione politica adeguata, la situazione attuale deve spingerci a lavorare alacremente in questa direzione. Solo così, in un periodo nel quale la guerra sarà a lungo protagonista, la linea indicata da Lenin, quella di trasformare la guerra imperialista in guerra rivoluzionaria, potrà non restare solo uno slogan.

Né Nato Né Draghi!

10 100 1000 iniziative

contro la guerra imperialista!

25 marzo 2022


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