Antitesi n.11Editoriale

Next generation fight

“Editoriale” da Antitesi n.11 – pag.4


Il 18 settembre un enorme corteo di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici ha attraversato le strade di Firenze, rispondendo alla parola d’ordine “Insorgiamo” lanciata dagli operai della Gkn in lotta. Una lotta che si è posta come centro di mobilitazione nazionale e di rilancio delle mobilitazioni territoriali, sia per i lavoratori, sia per gli altri movimenti di massa.

La manifestazione è stata una tappa importante, in questa fase si può dire epocale, per la ripresa della lotta di classe nel nostro paese e per riaffermare la centralità del conflitto capitale-lavoro. Risultato immediato è stato il blocco della procedura di licenziamento.

La forza che ha saputo esprimere deriva dall’organizzazione operaia del collettivo di fabbrica e dalla sua dimensione concreta che ha permesso di decretare l’occupazione dello stabilimento, al grido “da questa fabbrica non si muove una vite”. Il prendere materialmente possesso dei mezzi di produzione ha da subito inciso nel rapporto di forza con i padroni. E questo è stato possibile solo grazie all’unità e alla compattezza del collettivo operaio. Un collettivo forgiatosi nel corso di anni, tra lotte e discussioni. Un’organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici che, aldilà delle sigle sindacali, ha saputo porsi non sul terreno della gestione della trattativa, ma su quello di esprimere la propria forza in termini di intransigenza nella difesa del posto di lavoro.

La lotta degli operai Gkn e il movimento sorto attorno ad essa sono una sfida frontale alle politiche del governo Draghi e danno forza a tutte le altre proteste in corso nel paese. In particolare segnano un ostacolo allo sblocco dei licenziamenti e alle ristrutturazioni capitalistiche dettate dal Recovery Plan. Con questi provvedimenti, il governo ha dato mano libera ai padroni per i processi di rimodulazione della produzione capitalistica che la crisi impone, facendone pagare il prezzo in termini occupazionali ai lavoratori e socializzandone i costi a livello di collettività, con l’intervento di tipo keynesiano del Recovery Fund.

Venerdì 1 ottobre, inoltre, i portuali di Trieste sono scesi in massa nel corteo contro il green pass, mettendo finalmente fine alle diatribe mainstream, purtroppo assecondate anche da dentro il “movimento”, sulla descrizione di queste manifestazioni come frequentate solo da fanatici, no vax, fascistelli e irresponsabili. I fascisti cercano il loro spazio politico, come è sempre stato storicamente, dentro ai movimenti reali di massa che sorgono dalle contraddizioni oggettive; a maggior ragione lo cercano dentro a un movimento popolare e interclassista, ma ora, dato il carattere principalmente antiautoritario e liberale di queste mobilitazioni, hanno difficoltà a farlo. E se in qualche piazza diventano forti è compito dei compagni fare pulizia con l’antifascismo militante. Osteggiare invece i movimenti fa solo il gioco dei padroni e della loro politica reazionaria di mettere masse contro masse.

Anche nel caso di Trieste la classe operaia centrale ha mostrato quanto conta quando si muove e anche questa è stata una sfida frontale al governo. Infatti, l’altro asse della politica di Draghi è stata la prosecuzione della gestione autoritaria dell’epidemia da Covid19. Dopo i domiciliari di massa, la didattica a distanza, il coprifuoco e tutte le altre misure di pressione sulla vita delle masse popolari è arrivato il decreto legge del 16 settembre 2021, che ha generalizzato il green pass per tutti i lavoratori, vessando in particolare i dipendenti.

La gestione autoritaria dell’epidemia è andata a legarsi indissolubilmente alla contraddizione tra capitale e lavoro, mostrandone ancora una volta la centralità e l’influenza che questa ha sull’intero sviluppo sociale.

L’obbiettivo di Draghi e Confindustria è quello di utilizzare la crisi sanitaria per uscire dalla crisi che da tempo attanaglia il loro sistema, ma i segnali di una nuova generazione che mette in discussione i loro piani fanno dire, e questa volta ai comunisti, che “una luce si è accesa in fondo al tunnel”. Pur tra mille contraddizioni il nuovo protagonismo operaio sui posti di lavoro e l’intreccio con le piazze popolari, convocate a partire da quest’estate, stanno lì a mostrarlo, per chi vuole vedere.

Sia la lotta alla Gkn e quelle a macchia di leopardo in molte altre fabbriche, sia le piazze contro il green pass hanno molto da insegnare per chi si pone sul terreno concreto della lotta di classe e di quella rivoluzionaria, offrendoci l’opportunità di fare inchiesta e capire come agire politicamente.

Tutto ciò avviene in un contesto in cui l’egemonia borghese mostra sempre più crepe, confermate dal forte astensionismo nelle elezioni amministrative che nelle metropoli come Milano e Roma proviene dai quartieri della periferia.

La lotta degli operai della Gkn e le molte altre battaglie condotte dai lavoratori ci insegnano che la classe operaia quando si mobilita riesce a sviluppare organizzazione, determinazione concreta ed egemonia, aldilà di tutte le parrocchie sindacali. Ci conferma anche che le lotte economiche, rivendicative e di difesa sono “scuola di comunismo”, a patto che i comunisti le vogliano frequentare e si relazionino dialetticamente ad esse, a partire dai propri obiettivi politici. L’organizzazione operaia mostrata dalle esperienze del collettivo della Gkn e anche del Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali di Genova, quest’ultimo sul terreno specifico della lotta alla guerra imperialista, è un humus da coltivare per poter raccogliere i nuovi fiori che nasceranno per la lotta politica contro il sistema della barbarie capitalista.

Le lotte contro il green pass, invece, insegnano che non esiste una “gestione comune”, un “bene superiore”, riguardante la questione dell’epidemia di Covid19, nella quale possano convergere gli interessi delle masse popolari con quelli della borghesia imperialista. Tutte le misure che quest’ultima ha messo in campo rispetto all’epidemia sono provvedimenti che mirano principalmente a rafforzare l’egemonia e il controllo sulle masse popolari o comunque a far pesare la crisi sanitaria sulle spalle di queste ultime. La posizione dei compagni e delle compagne e delle forze soggettive che a parole si dichiarano comuniste e che hanno contrapposto le piazze contro il green pass ad altre piazze, ad esempio a quelle del movimento operaio, fomentano proprio la stessa logica reazionaria del mettere “masse contro masse” utilizzata dai padroni. È la stessa logica che sta dietro al lasciapassare verde, quella della contrapposizione tra vaccinati e non vaccinati con cui il governo Draghi sta nascondendo i suoi fallimenti nella gestione dell’epidemia.

L’epidemia di Covid19 e la sua gestione autoritaria ha aggravato pesantemente lo sviluppo delle contraddizioni di classe e sociali in tutto il mondo.

Mentre all’interno delle formazioni imperialiste si sviluppano movimenti di massa che registrano la perdita di egemonia delle classi dominanti anche sul piano internazionale le contraddizioni si aggravano. Anche l’egemonia delle vecchie potenze imperialiste è messa pesantemente in discussione, basti guardare alla vittoria del popolo afghano contro l’occupazione della Nato e il suo regime fantoccio.

Nel nostro paese, sia le lotte dei lavoratori, in particolare degli operai Gkn, sia la lotta contro il green pass, sono riuscite a rompere quel clima ideologico di “unità nazionale” con cui il governo Draghi voleva mettere una cortina fumogena sulla società, giocandosi la carta materiale e retorica dei capitali del fondo Next Generation Eu. Tocca dunque ai comunisti il compito, in rapporto con le lotte reali che si sviluppano, di costruire quella Next generation fight, ovvero quella generazione di combattenti proletari che sappia finalmente rovesciare il capitalismo.

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